Fine della storia o sua continuazione

Fine della storia o sua continuazione

Fine della storia in un era del digitale e della libera circolazione dei mercati. Fine della storia perché sono tramontate quelle ideologie che furono l’anima portante dei progetti di società dell’era moderna e della prima contemporaneità. Fine della storia perché il padre di questa teoria, Francis Fukuyama, vide nel crollo del muro di Berlino e nel successivo tramonto dell’Unione Sovietica, il venir meno dell’ultimo baluardo di storicità ravvisabile nel mondo.

Secondo Fukuyama la fine della storia rappresenta il tramonto di un era fondata sulle logiche della contrapposizione. Con il crollo del muro di Berlino e del blocco sovietico, il mondo apre le sue frontiere alla libera circolazione dei mercati, delle persone, delle idee. Scherzo del destino, o strategia dei potenti, sta di fatto che il 1992 vide la ratifica del Trattato di Maastricht nel quale i 12 Paesi dell’allora Comunità Europea si accordavano sulle regole politiche ed i parametri economici di quella che sarebbe stata l’Unione Europea.

Per Francis Fukuyama si trattava della fine degli stati nazionali, del naufragio di ogni forma ideologica a vantaggio di una destrutturazione globale. Venivano meno le logiche dei due blocchi, finiva la contrapposizione. Egelianamente finiva la dialettica alla base dei fenomeni di contrapposizione storica. Se il periodo greco, da Platone ad Aristotele concepiva la storia come un insieme di eventi ciclici, destinati a ripetersi e sulla cui base gli uomini avrebbero dovuto fare tesoro di quello che erano, Fukuyama si avvicina alla visione cristiana ed egeliana, di una Storia Universale del genere umano. 

Erodoto e Tucidite, sostennero che la storiografia avrebbe dovuto raccogliere i resoconti dello scorrere del tempo ed avrebbe dovuto costituire memoria di quanto accaduto, poiché quelle “Città che un tempo furono grandi un domani saranno piccole, e città che un tempo furono piccole un domani saranno gloriose”[Erodoto, Storie]. I cicli storici sono connaturati con la storia del genere umano e tendono ad alternarsi nel loro decorrere.

Il Cristianesimo rappresenta il primo esempio di Storia Universale, dove il genere umano percorre il suo cammino per congiungersi a Dio nel Regno Universale dei Cieli. In Sant’Agostino questo aspetto viene colto nel “De Civitate Dei”, dove si sincretizza il significato ultimo del genere umano: la salvezza.

In Hegel quel momento di sintesi avviene nel concetto di Stato dove l’ idea di individuo, negatasi nella società civile, torna in se stessa ad un livello ascetico, nel quale ogni particolarismo è stato superato nell’accezione di bene comune. Lo Stato è quel momento di sintesi in cui il genere umano trova la sua ragione d’essere, nell’universalità; frutto del superamento di ogni particolarismo. L’umanità intraprende un percorso di formazione che la conduce alla creazione di un ordine sociale e lo Stato è la meta matura alla quale l’insieme di individui aspirano maturando la conquista della civiltà.

 

La fine della storia culmina, in Fukuyama,  nella conquista di un’idea perfetta di governo,

quello democratico liberale. Dopo aver sperimentato forme estreme di autogestione,

il genere umano ha sperimentato la distruzione e la guerra.

 

Con il crollo dell’ultimo baluardo di contrapposizione dialettica, e dunque storica, l’uomo è approdato alla forma più alta di sincretismo socio politico: quello democratico liberale. Quanto restava del retaggio delle vecchie ideologie è crollato con il muro di Berlino; il mondo bipolare ha lasciato spazio ad una società globale, senza barriere fisiche ed ideologiche.

 

Il progresso tecnico scientifico ha portato al web, alla

società digitale e al crollo di ogni barriera culturale dove

l’informazione non ha più limiti, generando un progresso continuo.

 

Fine della storia e trionfo delle coscienze, fine delle lotte e quindi di quell’elemento fondante l’idea di storicismo che, secondo Hegel, altro non era che dialettica, contrapposizione. Per Fukuyama l’uomo non percorre una storia ciclica, egli è un processo che può solo andare verso il miglioramento e l’evoluzione, sviluppando innovative forme d’essere e d’esistere, grazie al progresso scientifico e tecnologico. Questo progresso non può che portare, attraverso l’esperienza, alla forma perfetta di governo. Questa visione ottimistica del futuro del genere umano si è però realizzata solo nella sua mera accezione negativa.

La fine della storia si è in parte realizzata, sono infatti morte le ideologie e i progetti di società che esse rappresentavano. Gli stati nazionali sono tramontati, ma non nella Società Universale, bensì nel marasma degli interessi frammentati di lobby ed organismi sovranazionali.

Non appare essersi realizzata la città di Dio, ma la perdita di identità e di senso. Tom Burns parla a questo proposito di Sovranità Diffusa, per indicare la polverizzazione dei poteri e degli organi legittimati a dare indirizzo alle issues (politiche pubbliche). Il sociologo francese Maffesolì parla di fenomeni di socialismo estremo per identificare gli effetti di questa perdita di identità causata dal tramonto del declino dello Stato nazione. Le ideologie, che Marx definiva sovrastrutture, erano anche progetti di società, stimoli per l’animo umano ad agire, muoversi guerra e cooperare. 

 

Con la fine dello Stato nazione il potere pubblico è negoziato di volta in volta

con forme parallele e simulacri di controllo.

Viene meno l’idea di legittimità e, per conseguenza, quella di autorità.

 

Masse di migranti premono sui confini di quelle vestigia di confini nazionali che un tempo appartenevano ai potenti stati nazione che li colonizzarono. Parlasi oggi di invasione, più che di immigrazione, parlasi di masse di gente povera; prezzo che dovranno pagare le democrazie occidentali per aver fondato il proprio benessere su castelli di carta.

La contrapposta visione di Fukuyama era sostenuta, negli anni Novanta, dallo storico Hungtington, il quale preconizzò uno scontro di civiltà. Effettivamente il nostro presente è il frutto del degrado post-coloniale ed i fenomeni di terrorismo che affliggono le nostre capitali ed inquinano le nostre generazioni, sono il risultato delle guerre di procura perpetrate nel periodo tra le due guerre e durante il confronto bipolare. Fine della storia non può essere, trasformazione della storia neppure.

La storia, da sempre, è processo dialettico. Sarebbe opportuno parlare, in un certo senso di trasformazione nella storia, per sottolineare il passaggio da una dialettica tra stati ad una dialettica tra gruppi para statali e organismi di controllo lobbistico, in una prima fase. Quello che Hungtington aveva previsto si è realizzato con le vicende di Al-Quaida prima e dell’Isis successivamente. Di qui ai prossimi mesi assisteremo ad una seconda fase di trasformazione nella storia, che vedrà contrapporsi non tanto le civiltà in termini di visioni differenti del mondo, quanto in termini di rivendicazioni di diritti. 

Il fenomeno migratorio altro non è che il tentativo disperato di popoli piegati da secoli di colonialismo, di ricevere il proprio posto nel mondo. Il fenomeno migratorio è frutto di quel processo evolutivo e di quel progresso tecnologico che, grazie al web, ha portato informazioni tangibili del benessere occidentale in quel mondo che da anni è il finanziatore di tale benessere.

Se il cammino del genere umano è un processo in divenire, che prosegue il suo cammino grazie al progresso tecnologico e scientifico, allora non può esservi la fine della storia. Questo progresso scientifico e tecnologico ha realizzato, di fatto, quello che per Marx era la coscienza di classe, solo che adesso non si parla di una classe sociale, ma di una fetta della popolazione globale che ha capito su quale meccanismo si è generato lo sviluppo dell’Occidente e che chiede alla comunità internazionale il proprio spazio nel mondo. Il cammino della storia, dunque, è appena cominciato e non potremo parlare di progresso, ne di civilizzazione e ne tanto meno di liberal democrazia, finché non renderemo i frutti di simili conquiste disponibili per tutti.

Riferimienti bibliografici:

  • Francis Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo
  • Samuel Hungtington, Ordine politico e scontro di civiltà
  • Sant’Agostino, De civitate dei
  • Erodoto, Le storie
  • Tucidide, Le storie
  • Filosofico. net, di Valerio Martone, Francis Fukuyama, http://www.filosofico.net/fukuyama.htm
  • Carlo Mongardini, La società politica
  • Georg Simmel, Il dominio
  • Gianfranco Pasquino, Nuovo corso di Scienza politica
  • Gianfranco Pasquino, Le società complesse. 

 

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Alessandro Gatti

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