Lo Sri Lanka, piccolo arcipelago a Sud dell’India noto nel mondo soprattutto per le meravigliose spiagge, ha conosciuto una grave crisi economica, figlia di scelte politica scellerate, aggravata poi dalle restrizioni dovute alla pandemia da Covid e alla guerra in Ucraina, a dimostrazione che questi ultimi due eventi che hanno minato l’occidente in qualche modo hanno avuto ripercussioni negative anche in Paesi del cosiddetto Sud del mondo. Per il Paese asiatico si prospetta un futuro incerto, anche se la coesione delle loro rivolte popolari lasciano spazio a considerazioni applicabili anche nel Nord del Mondo.
Una vigorosa rivolta popolare
Lo Sri Lanka è un piccolo Paese nell’Asia Meridionale, il cui territorio coincide con l’omonima isola più alcuni lembi di terra minori a largo Sud-orientale dell’India, ha circa 20 milioni di abitanti, è ufficialmente un repubblica democratica socialista e fa parte del Commonwealth britannico. La “Lacrima dell’India”, così chiamata per la particolare posizione nei confronti del vicino subcontiniente indiano, ha visto scoppiare una rivolta popolare di enorme consistenza. Le lingue ufficiali, accanto all’inglese che ha ruolo di lingua di collegamento, sono il Cingalese (o Singalese) e il Tamil.
L’isola tra la primavera e l’estate 2022 è stato il teatro di una crisi politica e sociale inimmaginabile quasi del tutto ignorata dai media europei. Migliaia di cittadini si sono riversati nelle strade e hanno invaso i palazzi del potere della capitale Colombo. La protesta si è scagliata contro l’aumento dei prezzi e le condizioni di vita insostenibili. Ci sono stati scontri con le forze dell’ordine che hanno portato a una cinquantina di feriti: il primo risultato ottenuto è stato che il Presidente Gotabaya Rajapaksa rassegnasse le dimissioni. Ritenendo che il Premier non lasciasse davvero l’incarico i manifestanti si rifiutarono di allontanarsi dalla residenza presidenziale e da quella del primo ministro Ranil Wickremesinghe, anch’egli dimissionario: “La nostra lotta non è finita”, dichiarò il capo del comitato degli studenti Lahiru Weerasekara, “non rinunceremo finché non se ne andrà davvero”. Successivamente Rajapaksa scappò da un ingresso secondario del palazzo scortato dai militari. Pochi minuti dopo la folla di manifestanti varcò i cancelli, sfidando la polizia armata, occupando poi la residenza e il giardino circostante. Il presidente fuggì con un aereo privato a Sud della penisola, pare alle Maldive. I cittadini accusano la sua amministrazione della peggiore crisi economica degli ultimi decenni.
Un passo indietro: dinastia al potere
La storia del disastro economico dello Sri Lanka è legata a doppio filo alla famiglia Rajapaksa: i fratelli Mahinda, Gotabaya e Basil sono gli ultimi tre esponenti di una dinastia al potere da oltre due decenni, al punto da amministrare lo stato come un’impresa di famiglia senza rendere conto a nessuno, fino alla bancarotta. Il Guardian sostiene che dal 1977 in poi i governi che si sono succeduti a Colombo accumulato debiti su debiti: le importazioni hanno superato in modo netto le esportazioni, la corruzione ha ampliato la disparità sociale e il disavanzo che è stato coperto da prestiti a interessi più sempre più elevati. Il 2009 fu l’anno della svolta negativa che culminò a una guerra civile, con l’iniziativa dell’allora ministro della Difesa Gotabaya Rajapaksa, su ordine del fratello Mahinda, allora presidente, represse con la forza le rimostranze dell’organizzazione della minoranza etnica Tamil Tigri di Liberazione del Tamil Eelam con una risposta spietata che sollevò numerose proteste internazionali. Per lo Sri Lanka iniziò allora una nuova fase, fatta di turismo, sviluppo e investimenti, ma anche di corruzione, nepotismo, militarizzazione e debiti con l’estero,i fratelli Gotabaya e Mahinda ottennero un potere quasi sconfinato nel paese. anche se Basil, Ministro delle Finanze, per alcune fonti sarebbe stato la vera mente di un sistema di spoliazione che ha sistematicamente privato lo Sri Lanka delle sue ricchezze a totale vantaggio degli esponenti della famiglia.
La terribile crisi
All’inizio del 2022 era chiaro che l’economia dello Sri Lanka, in particolare le sue riserve di valuta estera, versavano in una crisi senza precedenti. Il paese era indebitato per 51 miliardi e avrebbe dovuto restituire 8 miliardi di interessi entro l’anno, ma era a corto di dollari ed era stato escluso dalle principali linee di credito internazionali. Mentre Colombo lottava per pagare le importazioni di cibo, benzina e medicinali, l’inflazione continuava a salire e la gente iniziò a protestare. Il rapporto tra i due fratelli Gotabaya e Mahinda si inasprì rapidamente mentre entrambi si aggrappavano al potere, e il 9 maggio le prostese di piazza portarono alle dimissioni di Mahinda. Da allora Ranil Wickremesinghe, che gli era subentrato nell’incarico di primo ministro, fece ricorso a misure drastiche per alleviare le difficoltà economiche, incluso concedere ai dipendenti del governo un giorno libero per coltivare i raccolti nei loro cortili e consentire ai lavoratori del settore pubblico di prendersi cinque anni di congedo non retribuito per cercare lavoro all’estero. L’esecutivo cercò di negoziare un salvataggio con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), ma lo sforzo è stato complicato dal fatto che il Paese fosse ormai in bancarotta. Le autorità dello Sri Lanka chiesero aiuto all’India e alla Cina e venne proposto al presidente russo Vladimir Putin di apportare un ulteriore sconto sulle importazioni di carburante.
Ipotesi effetto domino
La crisi ha raggiunto un’ampiezza tale che, secondo l’ONU, circa l’80% della popolazione è costretta a saltare i pasti perché non può più permettersi di comprare cibo. Ma a preoccupare gli esperti è anche che lo Sri Lanka possa diventare la prima tessera di un domino globale in cui i paesi a basso e medio reddito stanno affrontando una triplice crisi: gli effetti delle dure misure imposte dai paesi per il Covid, l’aumento del costo del debito e la crescita dei prezzi di cibo e carburante operato con la motivazione ufficiale della guerra in Ucraina. Lo stato di pandemia prima e la guerra poi hanno visto crescere il numero delle richieste di prestito formulate da parte di paesi più poveri e, secondo le stime del FMI, più del 60% dei Paesi a basso reddito si trova oggi in una condizione di forte vulnerabilità. Non solo i Paesi occidentali hanno quindi trovato tempi duri in queste ripetuti momenti di difficoltà, in teoria imprevisti.
Una vecchia volpe come nuovo Presidente
Ranil Wickremesinghe, Primo Ministro dello Sri Lanka fino a pochi giorni fa, è stato eletto Presidente. Con 134 voti su 219, il parlamento di Kotte (sede dei legislatori) ha scelto il successore di Gotabaya Rajapaksa, ossia il precedente presidente fuggito a gambe levate mentre i manifestanti occupavano il palazzo presidenziale a Colombo. Il candidato Dullas Alahapperuma, dissidente del partito di governo Sri Lanka Podujana Peramuna (SLPP), è arrivato secondo con 82 voti. Wickremesinghe – che una settimana prima era stato nominato presidente ad interim – ha un mandato fino a novembre 2024, cioè è incaricato a ricoprire che mancava alla conclusione del governo di Rajapaksa. Il suo piano appare ben lineare: dare stabilità al Paese, accelerare le trattative con il Fondo monetario internazionale per ristrutturare il debito e portare valuta e aiuti in quest’isola di 22 milioni di abitanti di cui il turismo è il motore economico principale. Tuttavia una parte dei manifestanti vuole liberarsi anche di lui, vecchia volpe della politica cingalese, che aveva provato già due volte a diventare presidente, affrontando la sfida dei seggi e fallendo. In questa situazione di instabilità ha conquistato ciò che persegue da 40 anni di vita politica, dopo esser stato primo ministro per ben sei volte e aver promesso che avrebbe cercato di limitare i poteri del presidente. È un leader esperto, ma la decisione di affidarsi al FMI potrebbe significare consegnare le chiavi delle decisioni che contano a quella finanza globale che tanto ha fatto in Occidente in termini di controllo delle politiche globali, tagli allo stato sociale aumento delle disuguaglianze attraverso il cappio degli interessi da rendere a fronte dei prestiti.
Considerazioni
Come si è visto gli accadimenti planetari dal 2020, con le dure restrizioni da Covid che hanno paralizzato l’economia, su tutte il lockdown, qualcosa di mai visto nella Storia, e la guerra in Ucraina, area cruciale per gli equilibri internazionali e ricchissima di risorse e materie prime, non hanno messo in grave difficoltà solo l’occidente ma anche molti paesi dall’economia più debole. Una gestione dissennata delle finanze pubbliche, senza una progettualità e improntata alla corruzione e alla rapacità, può portare in tempi brevi alla distruzione dell’economia di un Paese, come è stato nel caso dello Skri Lanka. La reazione compatta della gente ha dimostrato come l’unione di intenti possa essere straordinariamente efficace per mettere pressione alle istituzioni in modo molto rapido, e da questo i cittadini di Paesi dalla coscienza sociale indebolita e divisi in mille fazioni come l’Italia non avrebbero che da imparare. A questo genuino impeto andrebbero però uniti a una linea politica, non necessariamente attraverso partiti chiaramente, concreta e ben dettagliata. Altrimenti si rischia di fare la fine che rischia il Paese asiatico, sintetizzata da una celebre frase del romanzo “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa c’è ancora una verità italiana: tutto cambia perché nulla cambi.
Riferimenti
https://it.euronews.com/2022/07/13/sri-lanka-il-presidente-in-fuga-alle-maldive-monta-la-rivolta
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/sri-lanka-un-nuovo-vecchio-presidente-35828