Capire la crisi finanziaria risulta “La grande scommessa” della nostra generazione

Capire la crisi finanziaria risulta “La grande scommessa” della nostra generazione

Capire la crisi finanziaria è stata un’impresa ardua e, dal 2008 ad oggi, sembra essere stata al meglio sviscerata dal regista Adam McKay; statunitense di Filadelfia e premio Oscar alla miglior sceneggiatura nel 2016 per il suo film “The Big Short” (lett. “Il grande scoperto”, italianizzato in “La grande scommessa”). Un gioco, un azzardo morale ed una sfida con se stessi, con la propria capacità di prevedere gli eventi e controllarli a proprio vantaggio. Capire la crisi finanziaria che ci ha piegato dinnanzi alle immani dimensioni dei nostri errori, significa comprendere che per l’uomo d’affari a stelle e strisce il denaro non appaga tanto per quello che è in sè, ma piuttosto per il gusto dell’eccesso e della sfida.

 

Nel film di McKay Christian Bale, Steve Carrell, Ryan Gosling, interpretano tre geni della finanza che, prima degli altri, arrivano ad intuire quanto sarebbe accaduto sui mercati e quello che avrebbe rappresentato per l’economia mondiale: il più totale disastro. Ovviamente alla base della loro intuizione vi era certamente preoccupazione, ma soprattuto la voglia di stare dalla parte giusta quando tutto sarebbe esploso. In sostanza provarono a guadagnarci sopra, se pur con i dovuti rimorsi del caso.

Quando nel 2005 il manager di un fondo comune di investimento a carattere speculativo (hedge fund), Michael Burry (Christian Bale), comprese la labile posizione di equilibrio dei mutui sub prime, decise di fare in modo che fosse creato un prodotto assicurativo per tutelare gli investitori nel mercato immobiliare. Ovviamente le banche non pensarono che egli viaggiasse un passettino avanti rispetto alla massa deforme mondiale, ma piuttosto che fosse pazzo. Quando Burry chiese di volersi assicurare nel caso di un crollo del mercato immobiliare gli risero in faccia, ed egli investì diversi milioni di dollari sottoscrivendo prodotti assicurativi che tutelassero lui ed i suoi investitori da un eventuale crollo del mercato più sicuro al mondo: quello immobiliare. Nascevano dunque i credit default swap, ossia il modo per scommettere contro quello che, fino al 2007 era stato ritenuto il mercaro più sicuro al mondo.

 

Di fatto le banche avrebbero, secondo il loro distopico modo di vedere la realtà, ricevuto dei soldi per fare da garanti nei confronti di un rischio che reputavano inesistente.

Chi si sarebbe mai aspettato che il mercato immobiliare potesse fallire?

I credi default swap erano per l’appunto degli strumenti derivati per trasferire il rischio di credito alle banche.

Qualora il mercato immobiliare fosse fallito le banche si sarebbero fatte carico del frutto negativo dei mutui rimasti impagati.

 

Questo aspetto è forse quello peggiore alla base della crisi dei sub prime. Quando infatti ci si rese conto che le persone non erano più in grado di far fronte ai loro debiti, scattarono le coperture assicurative ed il crack fu totale. Non fu più un mero problema economico, riguardante la sola disponibilità a pagare degli indebitati, o la loro fiducia nei consumi, ma  mise sul lastrico le banche e compromise la loro liquidità. Queste dovevano ora farsi garanti delle coperture assicurative che avevano sottoscritto convinte in un rischio di credito pari praticamente a zero.

 

Ecco come, dall’aspetto economico dell’economia reale,

si passò anche alla questione finanziaria vera e propria.

A questo punto entrano in gioco altri due personaggi

chiave per capire la crisi finanziaria del 2008.

 

L’investitore Jared Vennet (Ryan Gosling), impiegato della Deutsche Bank, si era ritrovato nella consapevolezza, già dal 2005, di quanto stesse facendo Burry e scopriva, a poco a poco, che le sue previsioni si stavano avverando. Anche Vennet metterà la sua quota nel mercato dei credit default swap ed informerà l’amico trader finanziario Mark Baum(Steve Carrell) ed il suo staff di quanto stesse per accadere. Ecco qua che arriviamo ad un altro aspetto che causerà la crisi finanziaria: le obbligazioni di debito subordinate o CDO.

Nel film, Baum definisce i CDO come una sorta di  “pacchetti di merda, confezionati all’interno di altri “pacchetti di merda” e, nella realtà, non si sa se egli abbia pronunciato esattamente queste parole, sta di fatto che il suo personaggio del film ha reso bene l’idea. Un CDO è un debito impacchettato e messo nel mercato azionario come fosse un obbligazione tripla AAA, ma in realtà è un prodotto spazzatura ad un indice di solvibilità bassissimo.

 

Capire la crisi finanziaria significa, in sostanza,

capire che questi signori della finanza prendevano delle obbligazioni

per immetterle sul mercato azionario facendole garantire da debiti.

 

Un debito, per definizione onere finanziario, veniva trasformato in garanzia e nuovamente confezionato sotto forma di obbligazione per muovere un’economia labile e fallace. La cosa terribile è che nella mente di questi geni della finanza, che consideravano infallibile il mercato immobiliare, i debiti che le persone si accollavano per comperare la casa, avrebbero garantito, una volta saldati, il pagamento dell’obbligazione. Peccato che quando la bolla scoppiò quei debiti non vennero estinti e decine di migliaia di obbligazioni divennero carta straccia. Parallelamente a questo un altro geniaccio del male (Burry) aveva creato un meccanismo tale per cui le banche si ritrovarono a dover risarcire polizze sottoscritte a garanzia del crollo dei mutui per decine di miliardi di dollari. Il mondo, grazie a questi prestigiatori, era fottuto.

Capire la crisi finanziaria significa penetrare a fondo i meccanismi perversi della finanza globale, con i suoi segreti e le sue macchinose cavillosità. Quando i coloni, conquistando il Nuovo Mondo, diedero forma alla Costituzione statunitense, misero alla base principi di ispirazione divina, conferendo alla nuova realtà statuale un carattere confederale, ma anche messianico. Sulla base del principio del Destino Manifesto i padri costituenti diedero corpo, mediante l’espansionismo nel Nord Ovest, a ciò che sono oggi gli Stati Uniti d’America.

Al di là delle derive esoteriche che la letteratura, nel corso degli anni, ha cercato di attribuire alla simbologia del dollaro americano, troviamo imperare la scritta “Novus Ordum Seclorum”, Nuovo Ordine dei secoli. Setta degli Illuminati o meno, il nuovo mondo avrebbe dovuto costituire un nuovo ordine per quei rinnegati della Madre Patria i quali, convinti di essere stati ispirati da Dio, avrebbero posto le basi per una nuova realtà socio-politica. Sul secondo lato del dollaro compare la scritta “Annuis Coeptis”, ad indicare il favore della provvidenza nel compimento di questa missione divina che avrebbe poi legittimato, attraverso l’assunto del Destino Manifesto, ogni invasione o espansione statunitense fino ai giorni nostri.

Abbandonando per un attimo le affascinanti elucubrazioni in merito a massoneria ed esoterismo, concentriamoci sul ruolo istituzionale che la moneta ha rappresentato per gli Usa e, di conseguenza per il mondo intero. Non si sa con esattezza se quel “Novus Ordum Seclorum” stia ad indicare che gli Stati Uniti, guidati dagli illuminati, avrebbero dovuto muovere i gangli degli equilibri mondiali o se, semplicemente, stesse a significare che era una secolare rivoluzione di pensiero liberal democratico alternativa al modello britannico.

Quel che è certo per capire la crisi finanziaria, e la storia ne è testimone, è rendersi conto che la finanza statunitense è entrata nelle vite delle persone di tutto il mondo ed ha legato a se stessa le sorti dei popoli attraverso un lento, progressivo, perentorio indebitamento globale. Questo processo al ribasso, si è poi evoluto nella dematerializzazione della moneta, la cui credibilità istituzionale, in termini di legittimità e reale valore economico, è finita con la fine di Bretton Woods e della conseguente parità, quindi convertibilità, delle monete con il dollaro. Nel 1971 il presidente Nixon prese la decisione di porre fine al reale valore della moneta, separando per sempre la distinzione concettuale e pratica tra economia reale e finanza. Questo passaggio sarà cruciale, come abbiamo poi visto, per mandare il mondo a puttane, ma le dinamiche tecniche e storiche di questo evento epocale nella storia Usa, lo racconteremo un’altra volta.

  • Michel Lewis, The Big Short (libro)
  • Adam Mc Kay, The Big Short (film)
  • Peter Joseph, Zeitgeist the movie, web movie https://www.youtube.com/watch?v=pvLZ6yl-ZhQ
  • Giorgio Raviolo, La crisi globale da Bretton Woods ai mutui sub prime

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Alessandro Gatti

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