L’avvio del conflitto tra Israele e Iran è stato apparentemente un fulmine a ciel sereno. Eppure l’inizio dello scontro armato è stato un episodio che era nell’aria da tempo, anche se nessuno di buon senso l’avrebbe mai voluto. Il Medio Oriente, area dove si concentrano le maggiori materie prime al mondo utilizzate per l’approvvigionamento energetico, si conferma tristemente una delle più grandi polveriere del pianeta.
I primi attacchi armati
Il 13 giugno 2025 Israele ha attaccato l’Iran bombardando infrastrutture nucleari, basi militari e aree residenziali con un poderoso attacco aereo. L’Iran ha, com’era prevedibile, risposto agli attacchi contro obiettivi militari e civili in Israele, dando inizio ad un conflitto su larga scala. L’inespugnabile territorio del Paese dell’Est Mediterraneo, dotato di avanzatissime tecnologie militari, non ha opposto resistenza: è possibile che si cerchi l’alibi per alimentare e allargare il conflitto. L’appoggio degli Stati Uniti, alleati storico di Israele, non è mancato, pur essendo controverso il suo effettivo impegno militare diretto.

Due ex quasi amici
I rapporti tra Tehreran e Tel Aviv non sono sempre stati ostili, tanto che per un periodo sono stati orientati a reciproci interessi strategici: non a caso nel 1950 lo Scià Reżā Pahlavī fu il secondo capo di un Paese islamico a riconoscere lo stato Israele. Entrambi gli stati non vedevano di buon occhio il mondo arabo sunnita, uno dei due gruppi maggioritari in cui si dividono i fedeli islamici, l’altro è quello degli Sciiti, e per un ventennio i rapporti tra loro sono Stati buoni. L’Iran garantiva a Israele una parte cospicua del petrolio di cui aveva bisogno mentre l’Iran importava dal Paese Mediterraneo i suoi beni tecnologici. Erano persino attivi voli diretti tra le due capitali. C’erano inoltre collaborazioni sotterranee in campo militare e di intelligence. Un esempio è il Project Flower in cui i due Paesi in sinergia tentarono di mettere appunto un nuovo sistema missilistico. Mentre la monarchia iraniana stringeva legami con Israele all’interno del grande Paese mediorientale montavano grandi fermenti rivoluzionari. Una parte significativa dell’opinione pubblica, soprattutto il clero sciita ei conservatori, vedeva Israele come un avamposto coloniale in territori islamici. Il regime reprimeva il dissenso con la SAVAK, i servizi segreti iraniani, tutto questo mentre le difficili condizioni delle masse di quella che fu la Persia non miglioravano. Emersero proteste di massa e nel febbraio 1979 lo Scià dovette lasciare il Paese.
Il distanziamento tra i due Paesi
In quella che passò alla Storia come la Rivoluzione Iraniana assurse al potere l’Ayatollah Ruhollah Khomeini, che trasformò l’Iran da una monarchia filoccidentale e una repubblica islamica. Ci furono cambiamenti sociali in chiave tradizionalista e molte forme di arte e intrattenimento occidentali vennero sottoposte a una rigida censura. Israele fu considerato dal nuovo potere consolidato nello Stato persiano un nemico ideologico. L’Iran interruppe ogni rapporto diplomatico con il Paese del Vicino Oriente: l’ambasciata israeliana in Persia fu chiusa e l’Iran espresse appoggio alla causa palestinese. L’opposizione a Israele divenne addirittura un pilastro identitario del nuovo regime. Negli anni ’80 Iran e Israele si fronteggiarono a distanza e uno dei principali terreni di scontro per procura fu il Libano. Nel caos della guerra civile l’Iran favorì la nascita di una milizia paramilitare sciita e antisionista attiva in Libano, nota come Hezbolla. Questo sostegno aveva l’obiettivo di mantenere alta la pressione su Israele su più fronti, il quale reagì: strinse rapporti con Paesi del Golfo come Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, che temevano l’espansionismo iranico.

Dagli anni 90 Israele cominciò a sostenere che l’Iran stava costruendo bombe atomiche, mettendo in allerta la comunità internazionale sui rischi che questo, a sua detta, avrebbe potuto rappresentare. L’Iran cominciò così a essere un nemico per USA e Israele, tanto da essere incluso negli anni 2000 dalla lista dei cosiddetti Stati canaglia, allargando la propria sfera di influenza nella cosiddetta mezzaluna sciita che parte dallo stesso Iran, fino a Siria e Libano, fornendo armi a Hezbollah e Hamas. L’Iran è il cuore di quello che fu l’Impero Persiano, diventando il nemico numero uno dello Stato ebraico. Vari nemici di Israele sono significativamente appoggiati e finanziati dall’Iran, di contro molti ufficiali iraniani sono stati spesso colpiti dalle forze israeliane. Reciproci attacchi e rappresaglie sono proseguiti nel tempo: in ballo c’è il controllo degli equilibri in una vasta area tra Vicina e Medio Oriente. Il Paese mediterraneo ha attaccato ripetutamente l’Iran colpendo le sue basi militari e mirando a personaggi di spicco della sua élites militare tra cui uno dei principali segretari di di Alī Ḥoseynī Khāmeneī. Inoltre c’è un gasdotto che attraversa Israele non solo è stato costruito insieme agli Iraniani ma è di proprietà dell’Iran, i due Paesi hanno continuato ad avere rapporti economici. Tuttavia negli ultimi 40 anni i due Paesi, al di là delle ostilità, hanno parallelamente portato avanti una sorta di convivenza che prevedeva anche reciproci appoggi da parte dei governi per gestire la propria politica interna. L’Iran può essere inteso come l’ultimo vero baluardo in Medio Oriente in contrasto al dominio occidentale di Israele e USA. L’azione militare partita di Netanyahu sta sconvolgendo paletti fissati dai due Paesi nell’Asia Occidentale facendo saltare quell’equilibrio molto precario che verteva nelle loro relazioni.
La questione atomica
Con l’attacco missilistico all’Iran il Primo Ministro israeliano Benjamin “Bibi” Netanyahu ha spezzato questo precario equilibrio basandosi totalmente su menzogne: dopo aver sostenuto a partire dagli anni ’90 che il Paese stava procedendo a un programma di riarmo atomico ha giustificato l’attacco sostenendo che il grande Paese asiatico costituisce un pericolo possedendo appunto la bomba atomica.

L’agenzia atomica delle Nazioni Unite afferma invece che l’Iran ha abbandonato programma nucleare nel 2003. Risulta infatti che l’Iran stava invece sviluppando un progetto nucleare civile per l’approvvigionamento energetico e non per fini militari, esattamente come consentito dam trattato internazionale di non proliferazione, sfruttando la ricchezza di uranio del suo territorio. L’attacco partito da Israele, a suo dire per evitare attacchi nucleari da parte dell’Iran, può essere considerato un episodio di guerra preventiva, atto condannato dal Diritto Internazionale. Da un lato l’Iran con alla guida l’Ayatollah Ali Hosseini Khamenei, coltiva l’obbiettivo di perseguire un progetto di supremazia territoriale nel Medio Oriente, cercando di riappropriarsi del ruolo che aveva durante l’Impero Persiano. Dall’altro chi appoggia le politiche di Netanyahu coltiva il sogno della creazione di un “Grande Israele”, i cui territori siano inclusi tra i fiumi Nilo ed Eufrate. Khamenei da parte sua è fautore di una politica volta a rafforzare l’identità islamica dell’Iran e spezzare l’egemonia occidentale in Medio Oriente, di cui, a suo modo di vedere, le azioni spregiudicate di Israele rappresenterebbero un elemento cardine.

L’Europa è d’altronde è complice di questo attacco: i droni utilizzati per colpire Iran sono stati costruiti nell’Unione Europea e una parte dei loro componenti è stata costruita in Italia. Nonostante le ostilità di vecchia data l’Iran non ha mai mosso guerra a nessun Paese e il presunto casus belli, cioè il possesso di una bomba atomica, non risulta da nessuna evidenza. A rigor di chiarezza si tiene presente che in base all’articolo 10 del trattato di non proliferazione nucleare un Paese può ritirarsi dallo stesso se viene minacciata la sua sicurezza nazionale, l’unico che ne ha usufruito fu la Corea del Nord nel 1993, costruendo quindi la sua bomba atomica legalmente, quindi l’Iran se si ritirasse dal trattato potrebbe sviluppare l’arma nucleare senza problemi. La bomba atomica, per via del suo potere altamente distruttivo che può rivolgersi anche nei confronti di chi la utilizza, viene usata come argomento di ricatto nelle trattative. L’unica drammatica eccezione fu quella degli USA nella seconda guerra Mondiale, nell’attacco alle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, costituendo di fatto l’attacco terroristico più grande mai avvenuto nella Storia.

Un’altra prova dell’ipocrisia dell’Occidente
È facile cadere in una visione manichea, sia chiaro invece che si tratta di un conflitto in cui dove non esistono buoni o cattivi e dove ognuno mette sul piatto vite umane per perseguire specifici obiettivi geopolitici e di controllo, in cui i gruppi dominanti trascinano senza battere ciglio i rispettivi popoli in mattanze, troppo spesso condannate solo a parole. Allo stesso tempo l’idea che alcuni Paesi ritenuti più evoluti devono tracciare la via per il resto del mondo si sta via via sgretolando agli occhi dell’opinione pubblica. La storiella dell’Occidente portatore di valori umani e democrazia in virtù di una supposta superiorità morale che non esiste che è smentita dalla prova dei fatti. Non solo: l’Iran si affaccia sullo Stretto di Hormuz che lo separa dall’Oman, Paese della Penisola Araba. Per quel braccio di mare passa un grande traffico di petrolio e suoi derivati: oltre il 50% delle fonti energetiche che alimentano il mondo vengono da lì: se l’Iran decidesse di bloccarlo metterebbe in grave difficoltà il resto del mondo. Attaccare l’Iran costituirebbe l’ennesima mossa autolesionista di un Occidente in declino.
