Regione d’Europa troppo spesso liquidata frettolosamente con luoghi comuni, i Balcani non hanno dei limiti geografici condivisi e non meritano di essere inquadrati frettolosamente, anche grazie a una lunga e sorprendente Storia.
La questione balcanica
I Balcani sono la più orientale delle tre grandi penisole europee che si protendono sul Mar Mediterraneo e prendono il nome da una catena montuosa che si distende nei territori di Serbia e Bulgaria. Il termine deriverebbe dal turco “balkan”, che significa catena di montagne boscose. Il limite terrestre è oggetto di discussione e si presta a più definizioni, tuttavia quella più comunemente accettata intende per Balcani l’area delimitata a Nord dal Danubio e dal suo affluente Sava. Secondo altre interpretazioni invece sarebbero inclusi anche i territori di Romania e Moldavia. Spesso comunque si tende ad associare al termine l’appartenenza a quello che fu l’Impero Ottomano, durante un lungo periodo che va dal XIV secolo agli inizi del XX secolo, con la dissoluzione dello stesso, insieme all’Impero Austro-Ungarico in seguito alla conclusione della Prima Guerra Mondiale. All’incirca la metà settentrionale della regione stava sotto l’Austria-Ungheria e quella meridionale dipendeva dalla Turchia. I Paesi che non fecero parte dell’impero ottomano tendono infatti a rifiutare l’appartenenza ai Balcani, ritenendosi invece parte dell’Europa Centrale.
In particolare in Croazia questa questione è particolarmente sentita: dopo l’ottenimento dell’indipendenza si cercò di presentare l’accaduto come un ritorno alla Mitteleuropa e alla sua cultura. I territori del Paese sono stati a lungo sotto la corona asburgica, proprio al confine con il dominio ottomano. L’espressione “Nesting Orientalism”, coniata dall’accademica Milica Bakić-Hayden, indica la tendenza generale a considerare chi abita a Sud e a Est del la propria terra come arretrato. In Slovenia comunemente si ritiene che la Croazia faccia parte dei Balcani, mentre in Croazia si fa lo stesso con la Serbia. Con l’ingresso delle Slovenia e della Croazia nell’Unione Europea si ha iniziato a parlare di Balcani Occidentali, considerando come Balcani Orientali Bulgaria, Romania e a volte addirittura anche la Moldavia. Romania e Moldavia abitualmente non si considerano parte dei Balcani. All’interno di questa zona, quali siano i confini che gli si vogliono riconoscere, coesiste un coacervo di etnie, lingue, e credo religiosi il che ha portato a una convivenza tra popoli a volte problematica, tanto che col il termine balcanizzazione, che indica un processo di disgregazione di un sistema statale con una conseguente scia di instabilità politica e sociale. D’altra parte Cattolici, ortodossi e mussulmani hanno convissuto in modo spesso problematico e le terribili guerre degli anni ’90 del XX secolo con cui la Jugoslavia si è progressivamente dissolta lo ricordano.
Una Preistoria affascinante e poco nota
Se la civiltà greca nell’estremità meridionale della penisola ha gettato le basi della civiltà europea e dato un apporto immenso a tutta l’umanità, la regione ha una storia antica spesso poco conosciuta. Esistono culture preistoriche tra le più antiche del vecchio continente in possesso di elementi di spiccato interesse. La Cultura di Starcevo sorse tra il V e il VII millennio avanti Cristo, in pieno Neolitico. A queste genti si deve il primo nucleo abitativo di quella che sarebbe diventata Belgrado, una delle città più antiche d’Europa. La facies ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione dell’agricoltura in Europa e rappresentò uno dei primi esempi conosciuti di sedentarizzazione. Si utilizzavano capanne costruite con fango come abitazioni e edifici. Tra i manufatti finemente lavorati spiccano le ceramiche decorate di forma perlopiù circolare con decorazioni bianche nere e rosse, utensili in pietra e statue raffiguranti figure femminili.

Seguì la Cultura di Vinča, tra il VI e il III millennio avanti Cristo. Le abitazioni presentavano una maggiore complessità con stanze con divisori in legno, mentre le unità abitative erano collegate da strade rudimentali. Particolare interesse presenta a V. la tipologia delle statuette antropomorfe in terracotta, rinvenute in numero di circa duemila (nessun’altra stazione neolitica europea ha rivelato una concentrazione simile di tali figurette). Tra queste alcune hanno una testa che ricorda quelle di rettili e uccelli, raffigurando quelle che sembrano divinità femminili. L’Esempio più noto e caratteristico è la cosiddetta Signora di Vinča.

Negli strati compresi fra i 10 e gli 8 m prevalgono le statuette in terracotta rudimentali di stile naturalistico, con natiche fortemente accentuate e occhi indicati da due semplici rette convergenti ad angolo. Non è finita: a questa cultura apparterrebbe anche uno dei primi segnali di scrittura mai rinvenuti nella Storia dell’Umanità, ben precedente a quello geroglifico e a quello cuneiforme. L’originale struttura di questi simboli suggerisce un’origine completamente indipendente da quelle sorte più a Est. Gran parte dei simboli sono incisi su vasellame di terracotta, insieme a piccole statuette e manufatti di altra natura. Gran parte delle iscrizioni, circa l’85%, sono composte da singoli simboli. Essi sono in gran parte segni astratti, mentre altri sono zoomorfi. Vista la ripetitività di molti simboli alcuni studiosi obiettano che sia un vero e proprio alfabeto, tuttavia manca ancora un’interpretazione di questa arcaica forma di scrittura. Alla fase tarda di questa cultura si ascrivono le Tavolette di Tărtăria in Romania, che presentano affinità con i ritrovamenti in Serbia.

Un posto particolare occupa la Cultura di Cucuteni-Tripilla, che sorse tra il tardo Neolitico e l’Età del Rame tra il 5.500 e il 2.600 avanti Cristo tra Romania, Moldavia e Ucraina, e che costituì un unicum nella Preistoria europea: in un periodo dove nel vecchio continente esistevano solo strutture sociali nomadi o seminomadi, sorsero le prime città che arrivarono a contare tra i 10.000 e 15.000 abitanti. Il fatto che si trattava di insediamenti, sorti solitamente vicino ai fiume ma non mancavano alcuni sugli altipiani, che venivano abbandonati dopo alcune generazione non toglie straordinarietà a questa affascinante manifestazione antropica. Le prime abitazione erano costituite da paglia e canne con pavimenti di argilla. L’agricoltura era l’attività principale con la coltivazione di grano, segale e piselli. Erano comunque praticate caccia e raccolta. Si allevavano maiali, pecore, capre e cavalli. Sono stati rinvenuti uncini e monili, inclusi gioielli, in rame. Successivamente si passò a dimore con muri di legno rafforzati con argilla. La lavorazione della ceramica accrebbe progressivamente di importanza, mentre si presero a utilizzare asce in rame. Sono state trovate molte statuette raffiguranti soggetti femminili. Negli ornamenti nella fase più tarda si imposero i motivi a funi mentre l’allevamento del cavallo crebbe d’importanza. I centri abitati venivano difesi con terrapieni e fossati. Con l’ingresso dell’età del bronzo queste tribù adattarono la loro produzione di manufatti all’utilizzo del nuovo metallo.
Nel 2005, l’imprenditore e archeologo bosniaco-americano Semir Osmanagić ha lanciato una teoria che ha avuto un’enorme eco mediatica: delle alture ricoperte di vegetazione non sarebbero delle formazioni geologiche ma vere e proprie opere architettoniche costruite dall’uomo, le piramidi bosniache. Lo studioso sostiene di aver scoperto il più grande e antico complesso di piramidi del mondo nella cittadina di Visoko, vicino a Sarajevo. si tratta di mastodontiche strutture piramidali ricoperte da una fitta vegetazione, che secondo il suo scopritore risalirebbero circa al 28.000 mila avanti Cristo. Secondo Semir Osmanagić si trattava di centrali energetiche che sfruttavano il campo elettromagnetico terrestre.

Età Storica
Arrivando all’Antichità la regione fu abitata da varie popolazioni: i Celti lungo il Danubio, gli Illiri nella parte occidentale, i Daci in Romania e i Traci in Bulgaria, popolazioni, le ultime due, molto affini. Le attestazioni scritte in Illirico sono scarsissime, per cui le principali fonti scritte di riferimento sono quelle dei popoli contemporanei. Gli Illiri erano divisi in numerose tribù rette da aristocrazie guerriere. Erano un popolo di abili minatori e metallurghi: le loro terre erano ricche di ferro e argento, che estraevano e lavoravano per produrre armi, utensili e gioielli di ottima fattura. L’economia oltre a questo si basava principalmente sull’agricoltura (coltivazione di cereali) e, soprattutto nelle zone montuose, sulla pastorizia (allevamento di pecore, capre e bovini). commerciavano anche con le colonie greche sulla costa (come Apollonia e Durazzo) e con le popolazioni italiche, scambiando metalli, legname e schiavi in cambio di vino, ceramiche e beni di lusso. L’aspetto per cui si fa riferimento agli Illiri nelle fonti greche e romane è soprattutto la pirateria: le loro scorrerie via mare contro i mercanti italici, determinarono l’intervento di Roma, interessata alla sicurezza della navigazione e delle sue colonie sul Mar Adriatico. La Prima Guerra Illirica (229-228 a.C.) si concluse con un trattato che imponeva al popolo adriatico la rinuncia alla maggior parte dei propri domini, che passarono sotto il potere di Demetrio di Faro, intervenuto a fianco dei Romani. Dopo che l’avventuriero greco si alleò con Antigono Dosone e fu vinto dai Romani (219, Seconda Guerra Illirica), questi territori furono governati da dinasti politicamente vicini a Roma. Dopo la Terza Guerra Illirica, in cui il re balcanico Genzio si era alleato con il sovrano macedone Perseo, e la sconfitta patita a Pidna (168 a.C.) contro l’esercito romano comandato da Lucio Anicio Gallo, il territorio fu annesso ai domini di Roma. Ulteriori spedizioni contro gli indomiti Illiri furono condotte da Ottaviano Augusto e solo successivamente fu costituita la provincia Illyricum: i confini erano a Nord la Pannonia, a sud la Macedonia e il fiume Drilon, a ovest l’Adriatico dal Drilon all’Istria, a Est la Mesia. Ma, nonostante l’abbondanza dei reperti, la letteratura archeologica che li riguarda non è molto ricca, questo per via per la scarsità di ricerche metodiche volte a tracciarne un esaustivo profilo storico, socioeconomico e biologico. Si ipotizza che l’unica lingua viva derivava dall’antico Illirico possa essere l’Albanese, infatti i movimenti nazionalisti albanesi fanno leva proprio sull’eredità illirica.
I Traci erano un popolo diviso in tribù che raramente si organizzò in forme statali stabili. Anche loro sono perlopiù conosciuti attraverso le fonti classiche greche e proprio alcuni personaggi del mito greco sono descritti come traci, tra cui il dio dell’ebrezza Dioniso e Orfeo, poeta considerato il fondatore del culto misterico orfico. Essi raggiunsero un altissimo sviluppo nell’artigianato e i principali reperti sono coppe cesellate in metalli preziosi ed incisioni di animali su metallo. Siti di importanti ritrovamenti sono a Varna e a Panagjurište. Un considerevole passo in avanti per conoscere questo antico gruppo etnico è stato compito con il rinvenimento della cosiddetta Valle dei Re Traci. La tomba di Kazanlak fu scoperta per caso da alcuni soldati nel 1944, e fu il primo sito bulgaro ad essere iscritto nella lista UNESCO. Si tratta di una una tomba trace risalente al IV sec. a.C. ed è costituita da uno stretto corridoio a volta trapezoidale che immette in una camera funeraria rotonda. La tomba può essere probabilmente attribuita al sovrano tracio Seute III, re degli Odrisi, la cui città Seutopoli sorgeva proprio dove ora si trova Kazanlak. Dall’esterno la tomba si presenta come una semplice collina di terra a forma conica ricoperta di erba, che emerge dal profilo piatto della pianura circostante.Nella zona sono presenti complessivamente 1500 tombe, tanto che l’area è stata appunto ribattezzata La valle dei re Traci, anche se solo poche sono state scavate e non tutte le collinette contengono effettivamente un sepolcro. Di origine trace fu Spartaco, reso celebre al grande pubblico da trasposizioni cinematografiche e televisive, prima militare romano poi gladiatore che fu protagonista della terza Guerra Servile, l’unica che fece davvero tremare Roma. A capo di un esercito di schiavi sfidò la Repubblica Romana, che uscì vittoriosa nel 71 aC. Spartaco dimostrò valore in battaglia to ma morì in battaglia nei pressi della sorgente del fiume Sale in Campania.
Gli affini Daci e Geti occupavano l’attuale Romania. La cultura materiale è costituita prevalentemente da oggetti in ferro come armi, attrezzi agricoli e utensili di vario genere, e dalla ceramica, in forme sia locali sia di imitazione ellenistica. L’aspetto saliente di questa civiltà sono gli insediamenti fortificati situati su alture, talvolta con santuario annesso. Le diverse tribù che formavano il popolo furono riunite in un regno centralizzato e organizzato soltanto con re Burebista, nel I secolo a.C. Lo Stato dei Daci, con capitale Sarmizegetusa Regia, si scontrò più volte con i Romani che riuscirono a sottometterli completamente con la vittoria dell’imperatore Traiano su re Decebalo nel 106.
I Macedoni erano un’antica tribù affine ai Greci che viveva nella pianura alluvionale intorno ai fiumi Aliacmone e basso Assio, nella parte nord-orientale dell’attuale Grecia continentale. All’inizio dell’VIII secolo sorse un regno macedone che poi nel III secolo avanti Cristo con Alessandro Magno si espanse fino al fiume Indo, espandendosi su tre continenti (Europa, Asia e Africa) e costituendo uno dei più vasti imperi della Storia. Tutti i territori del Balcani entrarono progressivamente a far parte dei domini dell’Antica Roma, dando anche alcuni imperatori come il gigantesco Massimino il Trace nel II secolo dopo Cristo e Diocleziano, nato nell’attuale Croazia nel III secolo.

La divisione dell’Impero domano nella parte Occidentale spaccò in due i Balcani, da Nord a Sud, anticipando la distinzione tra parte asburgica e parte ottomana. La parte settentrionale poi divenne parte del Regno germanico degli Ostrogoti, che riguardava anche l’Italia. Tutti i Balcani vennero interessati alle migrazioni da Est dei popoli Slavi, la cui cultura è originaria di un’area compresa tra Russia, Polonia e Bielorussia. La migrazione fu ben più intensa in quella che sarebbe diventata la Jugoslavia e in Bulgaria, che adottarono lingue slave. I popoli slavi vennero cristianizzati da santi Cirillo e Metodio nel IX secolo. Caso isolato quello della Romania che, sebbene sia circondata da popolazioni slave e sia stata oggetto di considerevoli penetrazioni di questo gruppo etnico, ha mantenuto una lingua neolatina, dimostrazione di una romanizzazione non particolarmente duratura rispetto a altre zone ma comunque profonda.
Conclusioni
La Penisola Balcanica è più dei luoghi comuni denigranti e non deve per forza essere incasellata in limiti geografici specifici, costituendo un esempio di come per comprendere una realtà occorre andare oltre schematici limiti e semplificazioni. La regione inoltre ha avuto un importante poco noto ruolo nella Storia arcaica dell’umanità, a conferma dell’importanza culturale di una regione da riscoprire. Non solo: Nikola Tesla, nato in Serbia e vissuto tra il XIX e il XX secolo e considerato spesso il più grande inventore di sempre, ha avuto intuizioni che forse non sono ancora state del tutto valorizzate. Nonostante le dominazioni subite e gli eventi tragici, questo grande ponte tra il cuore dell’Europa e il Vicino Oriente è un sottostimato terreno fertile di idee e innovazioni da millenni.
