Il crollo dell’URSS, la fine di un’era

Il crollo dell’URSS, la fine di un’era

Il tramonto dell’Unione Sovietica fu un trapasso che ebbe drammatiche ripercussioni sui suoi cittadini. Lo sguardo del cinema aiuta a comprendere lo smarrimento di quegli anni, tra angoscia, curiosità verso l’Occidente e speranze tradite.  Si tratta di una caduta che aiuta anche a comprendere la crisi attraversata da molti Paesi dell’Europa Occidentale.

 

I problemi di un gigante dai piedi d’argilla

L’URSS negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale contendeva agli Stati Uniti d’America il ruolo di prima potenza economica mondiale e portò avanti con essi un periodo di tensioni che passò alla Storia come Guerra Fredda. L’ostilità della politica estera statunitense venne guidata da una teoria geopolitica secondo cui chi aveva il controllo sull’Heartland, l’Eurasia centrale, in gran parte coincidente con i territori russi, avrebbe conseguentemente esercitato il controllo sul mondo.Tuttavia era un gigante dai piedi d’argilla e aveva delle disfunzioni che andavano corrette. Jurij Vladimirovič Andropov, segretario generale del Partito Comunista, cercò di rimodernare l’URSS ma non fece in tempo a completare la sua opera.  Nel frattempo, mentre la confederazione eurasiatica era in guerra contro l’Afghanistan, in Polonia i lavoratori chiedevano a gran voce un calo prezzi del cibo e dei beni di prima necessità: con questo intento dichiarato venne fondato il sindacato di Solidarnoś, sostenuto da finanziatori occidentali. Esso cavalcò questo malcontento per allentare i rapporti tra i Paesi del Patto di Varsavia. Il socialismo in Russia pretendeva di modernizzare una nazione ancora arretrata e legata a un’economia prettamente agricola, ma questo non avvenne in modo soddisfacente e il Paese restò ancorato a delle infrastrutture obsolete. Gli operai erano ormai più numerosi di contadini. L’economia dell’URSS era caratterizzata da intensività quando serviva l’estensività: la quantità aveva quindi ancora maggiore importanza della qualità quando invece occorreva fare un salto di livello. Quasi tutti i lavoratori venivano assunti in fabbrica per la costruzione di materiali bellici, salvo poi convertire molte fabbriche per beni di uso civile. Il problema dell’economia poi verteva sull’isolamento e sui correlati embarghi a cui era sottoposto il Paese: il gigante sovietico era così un universo a sé stante. A questo quadro non compromissorio ma comunque critico si aggiunse la crisi petrolifera internazionale del 1973, colpo particolarmente duro per quello che all’epoca era il primo produttore di mondiale di oro nero.

Unione Sovietica sulla mappa
Unione Sovietica sulla mappa

Un’economia di guerra

I Sovietici importarono in quantità via via maggiore il grano, nonostante questo fosse una delle maggiori produzioni dell’agricoltura locale. Allo stesso tempo i proventi generati dal mercato petrolifero vennero utilizzati per finanziare gli Stati satellite, trascurando la ricerca e lo sviluppo tecnologico. I debiti nei confronti dei Paesi occidentali continuarono a crescere mentre l’assistenza ai Paesi del blocco comunista e le ingenti spese militari sostenute nel clima di guerra fredda vigente erano diventate un peso per le finanze sovietiche. Il PIL dell’industria bellica rappresentava infatti ben il 12% di quello totale, facendo sì che si trascurasse l’apparato industriale convolto nelle infrastrutture. L’economia sovietica poggiava quindi praticamente su uno stato di guerra permanente: la pur fondamentale industria pesante aveva la priorità a scapito di quella dei beni di consumo, non intercettando adeguatamente le reali esigenze del Paese. La pianificazione centralizzata dello Stato andava inoltre incontro a pecche che avrebbero portato il loro conto salato: informazioni falsate, aziende che non investivano nell’innovazione, costi produzioni gonfiati, produzione di materiali in eccesso rispetto alle reali esigenze dell’industria, scarsa produttività che andava avanti oltretutto a ritmi bassi rispetto i concorrenti internazionali. Il divario con l’economia capitalista accresceva. Gli stipendi avevano dei tetti, così sia chi lavorava più che chi lavorava meno percepiva quindi le stesse somme. I lavoratori, poco stimolati a impegnarsi e migliorare, diventavano passivi e indifferenti, mentre gli ideali consumistici cominciavano ad oltrepassare la Cortina di Ferro.

La crisi economica

La distribuzione di viveri era difficile e andava incontro a periodo di secca perché dipendente in larga parte dalle importazioni estere, mettendo la popolazione in uno stato di costante incertezza. Quando i prezzi dei prodotti sul mercato si allinearono a quelli occidentali, polverizzando così il potere d’acquisto dei cittadini: le premesse per un disastro sociale erano così complete. Il mercato nero dei beni di consumo crebbe sensibilmente, nacque così un sottobosco di imprenditori che volevano guadagnare ben oltre quanto le regole dello Stato gli imponevano. Questa economia sommersa arrivò nel 1990 al 13% degli introiti totali: traffico di droghe e prostituzione, due dei settori coinvolti, si diffusero su larga scala. Il crimine organizzato acquisì così il controllo di questa economia sommersa. Intanto dilagarono la burocrazia, l’immobilismo sociale e il divario tra politica e Paese reale. Nepotismo e clientelismo divennero i tratti distintivi di una classe politica interessata a soprattutto a non perdere la propria poltrona. Emersero così due nomenklature, cioè liste di cariche du pubblica rilevanza: quella politico-amministrativa, che permeava il partito unico, chiuso nel suo isolamento, e quella economica, fatta di imprenditori e militari. Quando l’apparato statale perse il suo peso politico effettivo provocando con l’impoverimento del Paese, lo scettro del potere passò alla nomenklatura, la lista delle cariche di pubblico rilievo nello stato sovietico, economica, che ormai deteneva davvero le risorse del Paese: industrie, latifondi e miniere. Con la svendita delle aziende pubbliche ai privati queste divennero ad appannaggio degli oligarchi. In questo scenario emersero joint-venture e società private aperte con aziende occidentali, attingendo a quelle che una volta erano le risorse statali sovietiche.

Gli effetti della Perestrojka

 La spinta decisiva alla dissoluzione di questo assetto economico e sociale fu la Perestrojka, cioè il complesso di riforme strutturali volute dal Presidente Michail Sergeevič Gorbačëv. Queste garantivano l’ammodernamento dello Stato, invece provocarono il suo disfacimento. Il politico sovietico gettò le carte in tavola ammettendo implicitamente che il consumismo e il capitalismo erano superiori del comunismo del suo partito, pur continuando a dichiarare che Lenin per lui fosse una figura di riferimento. La Perestrojka costituì a conti fatti lo smantellamento di un sistema Lo slogan era “accelerazione” per recuperare il divario economico con l’Occidente. Le riforme attuate furono profonde e  votate alla privatizzazione e alla dissoluzione della centralità dello Stato e consistevano in realtà l’applicazione dei dogmi del liberismo economico. Gorbačëv era in sostanza un uomo al servizio degli interessi della NATO.  Ammise che non era possibile riformare il Paese senza prima smantellarlo, senza renderlo trasparente e libero dalla censura di Stato, intento riassumibile nel concetto di Glasnost, cioè trasparenza. Gli enti pubblici e i mezzi di informazione cominciarono a parlare di quei problemi che erano sotto gli occhi di tutti ma prima tutti fingevano di non vedere: alcolismo, scarsità di cibo, degrado delle infrastrutture e abitazioni fatiscenti . L’alcolismo era una nota piaga sociale, così fu attuata politica per contrastarlo, ma allo stesso tempo tasse sull’alcol facevano comodo alle casse statali. Però il Gosplam, il comitato centrale per la pianificazione, tagliò quella fonte di introiti, aumentando il costo delle bevande e punendo chi veniva trovato ubriaco. Guardacaso però il divieto non tenne conto del mercato nero. I fondi statali andarono a sostenere le imprese già esistenti, che erano conservatrici, ignorando le nuove: così le attrezzature di recente allestimento, per cui vennero utilizzati ingenti fondi pubblici, restarono inutilizzati. Il tristemente celebre disastro della centrale nucleare Černobyl’ del 1986 fu la goccia che fece traboccare il vaso: Il costo della disgrazia ebbe un gravissimo impatto umano e ambientale e venne anche a costare di 8 miliardi di rubli. Stavolta la premura per la trasparenza non trovò riscontro e il Governo che tenne il popolo del Paese all’oscuro del disastro per un mese. La Perestrojka liberalizzò improvvisamente quella che fino a prima era un’economia pianificata: i prezzi divennero liberi e si smarcarono dal controllo statale. Il risultato fu un’inflazione galoppante che nel 1992 balzò a un roboante al 2600%. Il denaro venne razionato, così spesso al suo posto si promosse l’utilizzo di una carta del consumatore con cui cittadini potevano fare acquisti. Per proporre un esempio del calo del potere d’acquisto un filone di pane costava in media 6 dollari, a fronte di stipendio medio mensile di 50 dollari. Il tenore vita di abbassò repentinamente di almeno un terzo. Di buono c’era che la criminalità comunque calò e si diffuse un senso maggiore di sicurezza. Gli affari con le multinazionali straniere, che già avvenivano da tempo, divennero leciti. Si ebbero molte compravendite fittizie a gonfiare i bilanci delle imprese. L’emissione nuove valute locali interne rese ancora più nebulosa questa fase di grande incertezza economica. La Legge di Proprietà del 1990 che destituiva lo Stato da possesso delle industrie chiave generò due milioni di disoccupati. L’economia cadde in mano a mafiosi ed oligarchi e nel 1998 il PIL si dimezzò rispetto al valore del 1990. I prezzi dei beni di consumo raddoppiarono e i salari continuavano a calare, parallelamente i tagli alla spesa pubblica e ai servizi essenziali causarono un aumento delle malattie nella popolazione. Il sistema creditizio passò sotto il controllo delle banche private. Questo “Capitalismo gangster”, come lo definì disse lo storico e politologo statunitense Stephen Cohen, fu un uragano che si abbatté sulla società russa.

Michail Sergeevič Gorbačëv
Michail Sergeevič Gorbačëv

La dissoluzione dell’URSS

Gorbaciov tolse potere ai membri del partito i dipartimenti di competenza, privandoli così dell’accesso alle finanze del Paese. Lo stato così fu decapitato e il Crollo del Muro di Berlino, che sancì la scomparsa della Cortina di ferro e della valenza del Patto di Varsavia, fu la goccia che fece traboccare il vaso. Tutte le repubbliche sovietiche dichiararono la propria indipendenza una dopo l’altra e per legittimare questo passaggio si utilizzò la giustificazione delle rivendicazioni nazionaliste, decretando così l’implosione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. 

Il risultato della scissione dell'URSS sulla mappa
Il risultato della scissione dell’URSS sulla mappa

Boris Nikolaevič Yeltsin, la cui ascesa fu favorita dai servizi segreti statunitensi, mosse un golpe che nel 1991 che fallì. Tuttavia questo atto, facendo leva sulle masse di cittadini insoddisfatti che garantirono l’appoggio popolare, aprì la strada alle dimissioni del predecessore, che venne sfiduciato in Parlamento. El’cin divenne nel 1991 il primo Presidente della Federazione Russa e promulgò un decreto che dichiarò illegale il Partito Comunista.

Boris Nikolaevič El'cin
Boris Nikolaevič Yeltsin

Insalata Russa, lo sguardo del cinema

Insalata Russa, il cui titolo originale è Окно в Париж (tradotto “Finestra su Parigi”), è un film del 1993 diretto da Mamin Yurij che riflette il misto di curiosità e disincanto che ha portato con sé l’apertura all’Occidente dopo la dissoluzione della Cortina di ferro. In un contesto surreale di stralunati personaggi, Nikolaj, un insegnante di musica atipico e a suo modo brillante, amato dai suoi alunni e osteggiato dai suoi colleghi per i suoi metodi poco ortodossi al punto da ricordare il professor John Keating del celebre L’Attimo Fuggente, trova casualmente una porta che lo conduce direttamente a Parigi. La voglia di aprirsi al misterioso quanto affascinante Occidente è tanta sia per il protagonista che per gli altrettanto pittoreschi comprimari: se l’arrivo nella capitale francese è un tuffo in una realtà più vivace e vitale, bisogna ammettere che anche gli stereotipi positivi sull’Occidente cadono in frantumi: gli artisti mostrati sono dei falliti mentre lo stesso mercato dell’arte è alla mercé dei capricci dei ricchi e un set cinematografico diventa una parodia degli spettacoli erotici del celebre teatro Moulin Rouge. Dopo un crescendo di equivoci Nikolaj trova l’amore della bella artista francese, mentre il discorso che fa ai suoi alunni è un’accusa nei confronti di chi ha causato la caduta dell’URSS, riservando a questi cittadini di domani un futuro difficile e incerto. Bambini che avevano seguito il loro amato insegnante ma che poi preferiscono tornare a casa dalle loro famiglie per farlo trovano un modo che è l’ennesima soluzione surreale di un film sopra le righe ma che ben cattura il sentimento di quel periodo: gli anni ’90 che per la Russia significarono sia opportunità di conoscere meglio quell’Occidente in parte misterioso e l’amara consapevolezza dell‘inizio di una dura crisi economica e sociale che sarebbe andata avanti per anni.

Insalata Russa, fotogramma del film
Insalata Russa, fotogramma del film

Conclusioni

La Russia al termine di questo periodo travagliato è tornata d ad essere una grande potenza internazionale e la guerra in Ucraina è un effetto del riacutizzarsi delle tensioni con la NATO. Gorbačëv venne premiato per il suo operato diligente con il Premio Nobel per la Pace nel 1990, ma i Russi non conservano una grande opinione di lui: fu il principale artefice del collasso dell’Unione Sovietica, imponendo così un periodo durissimo da affrontare al suo popolo. Privatizzazione selvaggia, corruzione, mancanza di meritocrazia, scarsi investimenti nella ricerca, burocratizzazione eccessiva, distanza della politica dal Paese reale, presenza massiccia di investitori stranieri, disoccupazione dilagante e polverizzazione del potere di acquisto: quello che accadde all’Unione Sovietica ricorda fin troppo da vicino il declino dei Paesi dell’Unione Europea, indicando qual è la via da abbandonare per non finire nello stesso precipizio.

La fine dell'URSS
La fine dell’URSS in un’immagine simbolo

 

Riferimenti

Autori vari, Grande Enciclopedia De Agostini, Novara, 1996

Maria Grazia Sileoni – Fabio Marco Fabbri, Breve Storia dell’Europa centro-orientale, Sette Città, Viterbo 2004

Autori vari, La Storia, realizzata dalla Redazione Grandi Opere di UTET Cultura, Istituto Geografico De Agostino/UTET, Novara 2007

Canale YouTube di Nova Lectio

https://perestroika.it/film/insalata-russa/

 

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David Sciuga

Si è laureato con lode prima in Lettere Moderne poi in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi della Tuscia. Successivamente ha conseguito il Master di II livello in Management presso la Bologna Business School. La sua tesi di laurea magistrale “La critica della civiltà dei consumi nell’ideologia di Pier Paolo Pasolini” è stata pubblicata da "OttoNovecento", rivista letteraria dell'Università Cattolica di Milano, ed è tuttora disponibile sul portale spagnolo delle pubblicazioni scientifiche Dialnet. Da giornalista pubblicista ha lavorato per il Nuovo Corriere Viterbese e per diverse testate locali, inoltre è anche blogger e critico cinematografico. Ha collaborato con il festival teatrale dei Quartieri dell’Arte e con l’Est Film Festival, di cui è stato presidente di giuria. Come manager di marketing e comunicazione ha lavorato per STS Academy, agenzia di formazione di security e intelligence. Il suo racconto "Sala da ballo" è stato incluso nell’antologia del primo concorso letterario nazionale "Tracce per la Meta". Successivamente è stato premiato con il secondo posto al Premio Internazionale di poesia “Oggi Futuro” indetto dall’Accademia dei Micenei. È stato moderatore di conferenze di geopolitica dove sono intervenuti giornalisti di rilievo nazionale. L'animal fantasy "Due fratelli" è il suo primo romanzo, pubblicato con la casa editrice Lulu.com, a cui segue il romanzo di formazione "Come quando ero soldato". Collabora con il web magazine "L'Undici". Parla correttamente l'inglese, possiede elementi di francese e tedesco.

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