Natale, il vero significato di una festa dalle radici profonde

Natale, il vero significato di una festa dalle radici profonde

Il Natale è la festa per eccellenza, una celebrazione religiosa ma che va ben oltre la fede. Viene associato all’infanzia con l’attesa dei giocattoli portati da Babbo Natale e in Italia i doni dalla Befana il 6 gennaio. Caratterizzato dall’albero di Natale e presepe che ricostruisce lo scenario della natività, da luci e decorazioni, pranzi e cene in famiglia, brindisi con gli amici: si tratta della festa più scintillante dell’anno. Si omaggia la nascita di Gesù Cristo anche se il 25 dicembre è una data simbolica. Quali sono l’origine e il significato più profondo del Natale e dei suoi riti?

 

 Una festa speciale

 

Il Natale è la festa sacra per eccellenza, quella per cui si sospendono molti impegni e si sta insieme alle persone care, riscoprendo le proprie radici. Dall’8 dicembre, data in cui si allestiscono le decorazioni natalizie per la ricorrenza dell’Annunciazione della nascita di Gesù alla Madonna da parte dell’Arcangelo Gabriele, fino al’Epifania del 6 gennaio, quando si ricorda l’arrivo dei Re Magi a omaggiare Gesù Bambino con i loro doni, le case delle persone e e vie dei centri abitati cambiano aspetto. Eppure per ben due secoli non è stato celebrato il Natale, inizialmente non riconosciuto come festività dalla Chiesa cristiana. La scelta della data del 25 dicembre venne mutuata dalla tradizione pagana precedente, in quanto era la data del Sol Invictus, ci fu quindi una sostituzione del rito pagano. Si fanno le stesse cose: si accendono luci, si allestiscono decorazioni, si addobba un albero, si scambiano regali ma con un significato diverso, almeno così pare. Non si festeggia più l’inizio dell’inverno e il sole che vince sulle tenebre ma l’incarnazione del Cristo. Prima del Natale, il ruolo di indiscusso cardine delle celebrazioni del mondo cristiano, spettava alla Pasqua con la resurrezione di Gesù, cioè a una festività più strettamente legata alla tradizione ebraica.

Presepe, rappresentazione della Natività
Presepe, rappresentazione della Natività

 

Le premesse astronomiche

Non molti sanno che questa festività esiste da ben prima che la Chiesa Cattolica la identificasse come propria. Infatti nel mondo classico, dall’Impero Romano, all’Egitto, alla Persia e all’antica Grecia, la festa di Natale coincideva all’incirca con il Solstizio d’Inverno (fissato attualmente al 21 dicembre), cioè il momento dell’anno in cui il Sole raggiunge il punto più basso rispetto alla superficie della Terra, illuminando l’orizzonte per un periodo di tempo molto limitato. A questo fenomeno corrispondono quindi il giorno più corto e la notte più lunga dell’anno. Una volta toccato il picco minimo, il Sole riprende progressivamente poi a salire lungo il cielo, rendendo un po’ alla volta  le giornate  maggiormente lunghe e illuminate. In questo modo per gli antichi, il Sole, dopo essere giunto al minimo del suo splendore, sembrava rinascere, riacquistando forza e potenza. Nel periodo più buio dell’anno in cui probabilmente si temeva di restare senza scorte di cibo, si esorcizzava quella paura ricordando che il Sole tornerà a trionfare e con lui , si sperava, anche la fertilità e l’agiatezza. Da qui viene una forte valenza simbolica: la “rinascita” del Sole rappresentava la vittoria della luce sulle tenebre, del bene sul male. Molte civiltà antiche, in virtù di questo aspetto, festeggiavano la nascita delle divinità nello stesso momento dell’anno: gli antichi Greci celebravano la nascita del dio Apollo, gli antichi Egizi la nascita del dio Horus (celebrazione introdotta dal faraone Akhenaton, nel 1351 a.C. circa), i Persiani quella della divinità Mitra, il cui culto si diffuse anche a Occidente, mentre nella Roma Imperiale proprio il Sol Invictus, ossia il fenomeno del Sole che trionfa sulle tenebre. Le origini del Natale risultano quindi indubbiamente legate a una lunga tradizione pagana.

 

I Saturnalia

Gli  antichi Romani avevano già i Saturnalia, celebrazioni del dio Saturno collegate ai riti agricoli di fertilità, attendendo il ritorno della bella stagione e con essa si augurava di ritrovare un florido raccolto. Le celebrazioni si fondarono, secondo quando sostenne Tito Livio, in concomitanza con l’apertura del tempio dedicato al dio ai piedi del Campidoglio nel 497 AC, agli albori della fase repubblicana della Storia di Roma Antica. I festeggiamenti si svolgevano dal 17 al 23 dicembre, nel periodo più festoso del calendario romano. Si era soliti sacrificare un porcellino al padre di Zeus, mentre, in modo simile al Natale cristiano, era usanza scambiare doni, che però erano più frugali: di solito si trattava di solitamente di cibo, candele di cera e statuette di pasta o di argilla. I bigliettini spesso accompagnavano i regali, come testimoniava Marziale, che attinse a piene mani da questa tradizione per i suoi epigrammi. Un’altra usanza a noi familiare era quella di invitare ospiti a pranzo, tra cui figuravano anche gli schiavi in un rovesciamento di ruoli, che stavolta ricorda più da vicino il Carnevale. Il lascito della festa romana, a sua volta affine alle Cronie greche e raccolto dalle attuali celebrazioni di fine anno, è decisamente evidente.

Saturnalia ritratti inun mosaico
Saturnalia, scena  ritratta in un mosaico

 

Il culto del Sol Invictus

Il già citato culto della personificazione del  Sole, originario del Vicino Oriente, raggiunse il culmine della sua popolarità e diffusione sotto l’imperatore Eliogabalo, tra il 218 e il 222 d.C., autonominandosi Gran Sacerdote di Elios, considerando poi se stesso a sua volta come lo stesso dio. Dopo la sua morte però tale culto venne rimosso. Successivamente l’imperatore Aureliano, nel 274 d.C., a riprese e ufficializzò tale culto, scegliendo il 25 di dicembre come data in cui festeggiare il “Dies Natalis Solis Invicti” (“Giorno di nascita del Sole Invitto”). Venne anche consacrato alla divinità un un tempio, che si sarebbe trovato nell’attuale piazza di San Silvestro, a Roma.

Sol Invictus a Roma
Sol Invictus a Roma

Per Aureliano questo culto costituiva un forte elemento di coesione, essendo questo molto presente sul territorio imperiale. La data scelta è di pochissimi giorni successiva al Solstizio d’Inverno e la conseguente “risalita” del Sole.

Raffigurazione del Sol Invictus
Raffigurazione del Sol Invictus

 

Cristianizzazione della festività

Nei successivi decenni la festa del Sole fu di nuovo accantonata per poi venire cristianizzata a partire da 330 d.C. per volere di Costantino, che rese il giorno  “Dies Natalis Solis Invicti” la ricorrenza della nascita di Gesù di Nazareth, fino a quel momento celebrata il 6 gennaio, che oggi è il giorno dell’Epifania mentre per il culto ortodosso la data del Natale cade il giorno successivo, appunto il 7 gennaio. Costantino nel 313 avallò l’Editto di Milano con cui si concedeva la libertà di culto ai Cristiani, che comunque godevano da tempo di libertà religiosa. Di fatto infatti si andò ben oltre, caratterizzando l’impero come cristiano. La vecchia celebrazione venne così cambiata di segno. L’associazione tra la figura di Cristo e il Sole è evidente se si guarda la valenza simbolica, con legami ai concetti di salvezza, la speranza e la prosperità. Allo stesso tempo era in atto la persecuzione del culto di Mitra, divinità orientale affine al Cristo,  e delle altre religioni precristiane. La celebrazione della “natività del Signore” occupò questi spazi e in particolare sostituì proprio il Sol Invictus, come festività cristiana ufficiale di tutto l’Impero. Nonostante delle origini così antiche i simboli hanno varia estrazione. Sebbene, come si è visto, molti aspetti della festività siano frutti di rivisitazione di elementi assai precedenti, altri particolari sono sorprendentemente moderni. Il culto del Sol Invictus resistette comunque  fino al 380 d.C, anno in cui Teodosio I con l’Editto di Tessalonica, spartiacque epocale nella Storia Antica, riconobbe nel Cristianesimo l’unica religione ufficiale dell’Impero perseguitando qualsiasi altra osservanza religiosa.

Cristianizzazione del Sol Invictus

L’albero di Natale

Le origini dell’albero di Natale sono chiaramente pagane e la sua origine risalirebbe alle tradizioni del Celti, popolo diffuso nell’antichità in molte aree d’Europa. Secondo i druidi, gli antichi sacerdoti celtici, l’abete simboleggiava lunga vita, dato che rimaneva sempre verde anche d’inverno. Era usanza che, con l’avvicinarsi dell’a stagione fredda, gli abeti venivano quindi tagliati e decorati con nastri, piccole campane e animaletti votivi, per propiziarsi il favore degli spiriti. Pare che anche i Vichinghi in Scandinavia  seguissero il culto dell’abete rosso, albero ritenuto in grado di esprimere poteri magici. Gli arbusti venivano tagliati, portati a casa e decorati con frutti, come segno della fertilità della primavera che avrebbe fatto ritorno. L’usanza di decorare gli alberi venne poi fatta propria dal culto cristiano. Il passaggio biblico atto a giustificare questa appropriazione è il riferimento all’albero posto al centro dell’Eden, che, ricordando la discesa di Gesù Cristo sulla Terra, diventa anche l’albero intorno a cui l’umanità riottiene il perdono dal peccato originale. L’idea di decorare gli alberi con delle palline sgargianti venne invece al proprietario del grande magazzino FW Woolworth nel 1880, che decise di venderli in massa, sostituendo così le più tradizionali candele. Anche gli sviluppi dell’immagine di Babbo Natale sono legati a un più recente consumismo.

Albero di Natale con decorazioni natalizie
Albero di Natale con decorazioni natalizie

 

Babbo Natale

 

Babbo Natale, il bonario uomo rubicondo e panciuto dalla barba bianca che porta i dono ai bambini di tutto il mondo, si rifà primariamente a San Nicola, vescovo bizantino vissuto nel quarto secolo dopo Cristo a Myra, oggi Demre in Turchia. Veniva descritto dai cronisti della sua epoca come un uomo generoso, al punto da venire designato come protettore di donne e bambini. Si narrò che un suo atto di generosità salvò tre ragazze, troppo povere per sposarsi, da una vita di stenti: attraverso una finestra per tre notti di seguito fece scivolare nella loro casa sacchi pieno d’oro. A partire dal settimo secolo San Nicola divenne protettore dei marinai bizantini, spesso impegnati in scontri via mare contro gli Ottomani. Il santuario di Myra si trovava a poca distanza dal teatro di molte battaglie marittime, così il culto si diffuse rapidamente in tutta Europa attraverso i porti. In Italia il santo è particolarmente popolare a Bari e Venezia, due città che possono vantare il possesso delle reliquie del Santo. Il ricordo del vescovo si unì a una figura del folklore scandinavo: Julebok, demone del mondo sotterraneo che porta i doni ai bambini. L’abito inizialmente fu verde, vicino alla rappresentazione di San Nicola, per poi passare a rosso, pare per volere della Coca Cola, che fa ricorso a quel colore nel logo e nelle etichette, che utilizzò la sua immagine per le proprie campagne pubblicitarie. Fino alle prime immagini promozionali della famosa bibita, infatti, Babbo Natale era conosciuto nella tradizione dei Paesi del Nord Europa e in quelli di lingua inglese viene chiamato Santa Claus, in chiara continuità con San Nicola. Il personaggio iniziò a riscuotere un certo successo negli Stati Uniti grazie alla poesia dall’autore incerto del 1822 A Visit from St. Nicholas (ora più popolarmente noto come The Night Before Christmas), che insieme ai disegni dell’illustratore Thomas Nast contribuì a definirne l’immaginario. La sua figura, però, non era abbastanza nota all’opinione pubblica: così i grandi magazzini, con un piccolo contributo delle riviste dell’epoca, aiutarono a rimediare.  Nel 1841 un Babbo Natale a dimensione naturale fece la sua comparsa in un negozio di Filadelfia negli Stati Uniti per dare alle persone la possibilità di incontrare dal vivo Babbo Natale. L’immagine che rese Babbo natale riconoscibile un po’ ovunque nacque dalla matita del il disegnatore Fred Mizen, che nel 1920 diede l’aspetto iconico al personaggio. Successivamente divenne simbolo del Natale in tutto il mondo occidentale.

Babbo Natale illustrato da Haddon Sundblom per Coca Cola negli anni 30 del XX secolo
Babbo Natale illustrato da Haddon Sundblom per Coca Cola negli anni ’30 del XX secolo

La sopra citata poesia definì quindi la caratterizzazione del personaggio, ma come venne definita la sua collocazione nordica?Questo aspetto del personaggio viene definito da un fatto storico del Secondo Dopoguerra dalle smaccate colorazioni politiche. La Lapponia fu una delle prime zone a ricevere gli aiuti dell’UNRRA, organizzazione umanitaria internazionale fondata nel 1943 ad opera degli Alleati per fornire aiuto e assistenza immediati ai Paesi più colpiti dalla guerra. Si trattava quindi di un’iniziativa partita dai vincitori atlantici della Seconda Guerra Mondiale che per ricoprire meglio un ruolo egemone su scala mondiale avevano bisogno di iniziative atte a consolidare un consenso più largo possibile. Nelle attività benefiche di questo Ente, Eleanor Roosevelt, ex moglie di uno dei più amati presidenti americani, si distinse per il suo impegno. Così nel 1950, in previsione della visita da parte dell’illustre benefattrice a Rovaniemi, nelle Lapponia finlandese, venne costruita una capanna a tema natalizio. Da allestimento provvisorio per l’occasione la casetta divenne un vero e proprio centro di attrazione turistica. Successivamente altre autorità fecero visita al suo interno così iniziarono a sorgere altri stand a tema natalizio, fino a rendere l’area circostante un vero e proprio Villaggio di Babbo Natale permanente. Quella famosa capanna divenne quindi l’abitazione ufficiale di quello è diventato il personaggio natalizio per antonomasia, pronto a ricevere ospiti piccoli e grandi. A quell’indirizzo arrivano le letterine di milioni di bambini provenienti da tutto il mondo. Anche la sua renna più famosa, Rudolph, nacque per fini pubblicitari, stavolta per il grande  magazzino di Montgomery Ward. Ci si rivolse a Robert L. May che scrisse un un racconto in rima per bambini che aveva per protagonista una  renna emarginata perché diversa: era l’unica con un naso lucido e rosso, ma facendo tesoro di questa particolarità riuscì a farsi valere. Fu un grande successo commerciale che permise anche alla renna Rudolph di di entrare nell’immaginario collettivo, almeno dei Paesi di lingua germanica.

La Renna Rudolf, riconoscibile dal naso rosso, in un libricino per bambini
La Renna Rudolph, riconoscibile dal naso rosso, in un libricino per bambini

 

 

La Befana

La Befana è un’anziana signora che solca i cieli a cavallo di una scopa e passando attraverso il camino, similmente a come fa Babbo Natale, porta regali ai bambini buoni e carbone a quelli cattivi lasciandoli nelle calze. Il suo arrivo avviene  nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, data tradizionale dell’arrivo dei Re Magi al cospetto di Gesù per consegnar loro incenso e mirra. Tipica dell’Italia e meno nota all’estero, il nome deriva da Epifania, dal greco ἐπιφάνεια, epifáneia, evoluto attraverso bifanìa e befanìa, che significa “apparizione”, nel caso specifico da intendersi come la manifestazione della divinità in forma visibile. L’origine della celebrazione pare legata a dei riti propiziatori pagani, ascrivibili al periodo tra il X e il VI secolo, che dovevano propiziare una buona riuscita del raccolto successivo. La tradizione dell’Antica Roma sosteneva che che nelle dodici notti dopo il Solstizio Invernale delle figure femminili volassero sui campi arati per favorire la fertilità del terreno coltivato. Un’altra tesi vuole la figura della Befana sia legata alla dea Satìa, dea della sazietà e quindi dell’abbondanza. Tale figura femminile, secondo alcuni, fu dapprima identificata in Diana, la dea lunare non solo legata alla cacciagione, ma anche alla vegetazione. Secondo altri fu associata a una divinità minore chiamata Sàtia (dea della sazietà), oppure Abùndia (dea dell’abbondanza). Un’ulteriore lettura  collegherebbe la Befana a una antica festa romana, che si svolgeva sempre in inverno, in onore del dio bifronte Giano e di Strenia, dea rappresentante il nuovo anno e di buona prosperità, durante la quale ci si scambiavano regali. L’iconografia della generosa signora è stata pesantemente influenzata dall’immagine caratteristica con cui venivano usualmente ritratte le streghe di epoca altomedievale e moderna, tanto che spesso viene raffigurata accompagnata da gatti neri,a lungo perseguitati perché ritenuti portatori di malocchio. Il noto poeta Giovanni Pascoli le dedicò una poesia raccolta ne I Canti di Castelvecchio, pubblicato nel 1903.

Befana
Befana

 

 

Conclusioni

In ogni modo questa festa, le cui celebrazioni durano quasi un mese dall’8 dicembre, data dell’Annunciazione, al 6 gennaio, data del passaggio dei re Magi giunti a portare i doni a Gesù, è un periodo particolare dell’anno. Amata o odiata, apprezzata per il senso di unione che promuove o tacciata di facile retorica, non si più negare che dia un sapore diverso allo scorrere delle giornate, ricordandoci che alla notte più lunga e scura non tarda a susseguirsi la luce a risplendere. Tuttavia il significato ultimo del Natale è un altro ancora: il dare, così come il sole dona calore con i suoi raggi, invitandoci a diventare così il proprio Sole illuminando e scaldando noi stessi, e così cercando di rendere la terra ancora più bella com’è la si è trovata, proprio come si abbellisce l’albero decorandolo per questo speciale periodo dell’anno, agendolo così come dei cavalieri solari.

Cavaliere personificazione del Sole
Cavaliere personificazione del Sole
Visitoratori alla Blue Drawing Room al Christmas at Powis Castle di Welshpoolin Galles
Visitatori alla Blue Drawing Room al Christmas at Powis Castle di Welshpoolin Galles

 

Riferimenti

Autori vari, Grande Enciclopedia De Agostini, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1996

www.romanoimpero.it

https://www.wired.it/article/natale-tradizioni-marketing-aziende-babbo-natale-coca-cola/

www.coscienzeinrete.it

 

 

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David Sciuga

Si è laureato con lode prima in Lettere Moderne poi in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi della Tuscia. Successivamente ha conseguito il Master di II livello in Management presso la Bologna Business School. La sua tesi di laurea magistrale “La critica della civiltà dei consumi nell’ideologia di Pier Paolo Pasolini” è stata pubblicata da "OttoNovecento", rivista letteraria dell'Università Cattolica di Milano, ed è tuttora disponibile sul portale spagnolo delle pubblicazioni scientifiche Dialnet. Da giornalista pubblicista ha lavorato per il Nuovo Corriere Viterbese e per diverse testate locali, inoltre è anche blogger e critico cinematografico. Ha collaborato con il festival teatrale dei Quartieri dell’Arte e con l’Est Film Festival, di cui è stato presidente di giuria. Come manager di marketing e comunicazione ha lavorato per STS Academy, agenzia di formazione di security e intelligence. Il suo racconto "Sala da ballo" è stato incluso nell’antologia del primo concorso letterario nazionale "Tracce per la Meta". Successivamente è stato premiato con il secondo posto al Premio Internazionale di poesia “Oggi Futuro” indetto dall’Accademia dei Micenei. È stato moderatore di conferenze di geopolitica dove sono intervenuti giornalisti di rilievo nazionale. L'animal fantasy "Due fratelli" è il suo primo romanzo, pubblicato con la casa editrice Lulu.com, a cui segue il romanzo di formazione "Come quando ero soldato". Collabora con il web magazine "L'Undici". Parla correttamente l'inglese, possiede elementi di francese e tedesco.

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