La Battaglia di Ponte Milvio, vera fine della Romanità

La Battaglia di Ponte Milvio, vera fine della Romanità

Massenzio contro Costantino, Italici contro mercenari, ma soprattutto pagani contro cristiani. Lo scontro per il trono di  imperatore di Roma segnò la storia dell’Urbe e del mondo occidentale sancì l’epocale fine della Romanità. 

 

Aquila contro Croce

La battaglia di Ponte Milvio fu una svolta epocale per il destino di Roma e del mondo occidentale. In seguito al fallimento del progetto tetrarchico di Diocleziano, con l’impero diviso in quattro parti rette da due“Cesari” e due “Augusti”, Massenzio e Costantino si ritrovano ad affrontarsi per il trono dell’impero riunificato. In seguito a disordini e incertezze il popolo a Roma proclamò imperatore Massenzio e i soldati di Costanzo Cloro, Augusto d’Occidente, si espressero in favore di Costantino. La divisione dei due schieramenti aveva una netta connotazione etnica: Massenzio aveva dalla sua fedelissimi sostenitori degli eserciti d’Italia e d’Africa, mentre Costantino aveva uomini originari dell’Europa centro- settentrionale: reggimenti di Gallia e Britannia e molti mercenari germanici. La fortezza cisalpina di Segusium cadde in mano di Costantino, che sorprese il rivale con la sua abilità strategica e la sua pronta intraprendenza. Massenzio venne poi battuto alle porte di Augusta Taurinorum (l’attuale Torino) nella battaglia di Rivoli. Massenzio raccolse i cocci, salvo poi dover darsi alla fuga nei pressi di Brescia. Con le vittorie di Verona, Aquileia e Modena l’Italia settentrionale entro definitivamente sotto l’egemonia di Costantino, che poté così marciare verso Roma. Massenzio lo attese nella vecchia capitale imperiale, contando sulla protezione delle mura aureliane puntando sui copiosi approvvigionamenti che aveva raccolto. Fece inoltre tagliare il Ponte Milvio per rendere difficoltoso il passaggio delle truppe costantiniane. La strategia attendista scelta. Invece Massenzio scelse di cambiare totalmente le carte in tavola: abbandonò il proposito di attendere l’attacco dell’avversario passò subito all’offensiva. Possibile anche avesse reputato la situazione di attesa poco gestibile alla lunga distanza per via della possibile incapacità di reggere l’onda d’urto dell’assedio, tuttavia resta un repentino cambiamento di piano che fa restare interdetti. La decisione, nonostante la superiorità delle forze scese in campo gli fu fatale.  Proverbiale l’episodio leggendario narrato da Eusebio di Cesarea, poi più volte citato in altri contesti, “In hoc signo vinces” (in questo segno vincerai), la scritta che avrebbe visto in cielo sotto la forma di una croce. Delle fonti testimoniano che l’esercito costantiniano effettivamente recava simboli cristiani sulle armi e sul vessillo imperiale, mentre Massenzio rimase fedele ai vessilli storicamente associati a Roma.

Fu così uno scontro tra Aquila e Croce.

Ponte Milvio, scenario del conflitto
Ponte Milvio, scenario del conflitto

La dinamica della Battaglia di Ponte Milvio

La battaglia ebbe luogo il 28 ottobre 312 d.C. e cominciò a Saxa Rubra per poi spostarsi presso l’area del ponte distrutto. Massenzio voleva varcare il Tevere e usarlo come barriera naturale, ma Costantino con la sua cavalleria ruppe le linee dell’avversario, per poi doppiare l’attacco con la fanteria. L’esercito di Massenzio messo spalle al muro venne spinto verso le acque del Tevere, dove cadde anche lo stesso Massenzio a cavallo, annegando. Le insegne dello sconfitto sono state rinvenute nel 2005 dall’archeologa Clementina Panella dell’Università La Sapienza di Roma sul Colle Palatino. Il giorno successivo alla vittoria Costantino entrò nell’Urbe, acclamato come unico vincitore. Il Senato fece costruire in suo onore un arco che tuttora campeggia vicino al Colosseo.

Arco di Costantino
Arco di Costantino

 

Dopo la battaglia

Nel 313, nemmeno un anno dopo, Costantino emanò l’Editto di Milano con cui si concedeva la libertà di culto ai Cristiani. Costantino aveva cavalcato l’onda che si stava alzando e che Massimiano invece tentò di infrangere. Corroborò la sua affermazione con il culto professato da un gruppo che stava via via acquisendo importanza e potere: l’Impero si caratterizzò così come cristiano e lui stesso divenne il primo imperatore cristiano.

Costatino
Costatino

Nulla sarà più come prima: l’Editto di Milano scavò un solco su cui poi l’Editto di Tessalonica del 380, voluto dagli imperatori Graziano Valentiniano II e Teodosio, costruì le definitive fondamenta di un mondo nuovo.  Il Cristianesimo diventa l’unica religione accettata a Roma. I pagani, che ancora costituivano gran parte della società, divennero improvvisamente dei fuorilegge e per mantenere i loro diritti dovettero forzosamente convertirsi in quello si potrebbe considerare un “Grande Reset”, paragonabile per la sua portata coercitiva e repentina a pochi altri nella Storia. Costantino venne glorificato mentre Massenzio, il grande sconfitto, denigrato e ritratto come perverso e crudele. Massenzio era in realtà favorevole alla liberazione di tutti i culti, incluso il Cristianesimo. Intraprese un’opera di ammodernamento di Roma, eseguendo imponenti opere pubbliche, tra cui la basilica che porta il suo nome. Non fu quindi un usurpatore e un persecutore ma un imperatore che tentò di salvare le tradizioni genuinamente romane. 

Massenzio
Massenzio

 

La donazione di Costantino

Esiste un noto falso storico, la Donazione di Costantino, redatta presumibilmente in un periodo compreso tra 750 e 850 a Roma o nell’abbazia francese di S. Denis, certificata come l’atto diplomatico con il quale l’imperatore Costantino avrebbe donato nel 314 a Papa Silvestro I la giurisdizione civile su Roma, sull’Italia e sull’intero Occidente. La compilazione di questo falso fu un modo per legittimare il passaggio di consegne tra la Roma dei Cesari e quella dei Papi con un atto esplicito di volontà.  Il documento venne considerato a lungo autentico, tanto che una  tradizione di autenticità che risaliva al XII sec., l’atto venne inserito nel Decretum Gratiani, il testo ufficiale per l’insegnamento del diritto canonico. Si tratta di una manipolazione documentale, successivamente smascherata, ma che comunque indica un passaggio effettivamente avvenuto.

 

Le epocali conseguenze 

Una nuova classe dominante invece si instaurò e fece propri i simboli del precedente dominio, sostituendosi ad esso assumendo le sue sembianze esteriori cambiandole di segno. Lo stesso termine “Pontefice” per designare la carica di Papa, riprende quella di Pontifex Maximus, prestigiosa carica che spettava a colui incarico a presiedere i culti religiosi romani. Secondo il filosofo tedesco Friederich Nietzsche con l’avvento del Cristianesimo è stato culturalmente abbandonato un atteggiamento vigoroso e proattivo, la morale del Signore, improntato sui valori vitali della pienezza, della forza e quindi della completa e volitiva espressione di sé. Si sarebbe passati a una Morale dello Schiavo, ancorata dal senso di colpa del Peccato originale, improntata a valori antivitali di abnegazione, riverenza, sacrificio, spingendo a una fuga dalla vita, dal qui ed ora, nell’attesa di vaghe ricompense future. La Romanitas, con i valori e i costumi che cementarono la sua comunità dalle origini fini all’espansione in gran parte del mondo conosciuto, cessò di esistere per trasformarsi in qualcos’altro. Una cosa è certa: Roma antica e lo spirito del mondo classico tramontarono ben prima della caduta dell’Impero Romano d’Occidente del 476, bensì con la promulgazione dell’Editto di Tessalonica circa un secolo prima. Ma fu proprio con l’esito della Battaglia di Ponte Milvio che il corso della Storia della Città Eterna e dell’Occidente tutto mutò in maniera decisiva.

 

Battaglia di Ponte Milvio
Battaglia di Ponte Milvio

 

Riferimenti bibliografici

Roberto Bosi, Il grande libro di Roma, Milano, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1988

Autori Vari, Grande Enciclopedia De Agostini, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1995

Autori vari, La Storia, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2006

Livio Zerbini, Le grandi battaglie dell’esercito romano, Bologna, Odora, 2015

 

 

 

Author Image
David Sciuga

Si è laureato con lode prima in Lettere Moderne poi in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi della Tuscia. Successivamente ha conseguito il Master di II livello in Management presso la Bologna Business School. La sua tesi di laurea magistrale “La critica della civiltà dei consumi nell’ideologia di Pier Paolo Pasolini” è stata pubblicata da "OttoNovecento", rivista letteraria dell'Università Cattolica di Milano, ed è tuttora disponibile sul portale spagnolo delle pubblicazioni scientifiche Dialnet. Da giornalista pubblicista ha lavorato per il Nuovo Corriere Viterbese e per diverse testate locali, inoltre è anche blogger e critico cinematografico. Ha collaborato con il festival teatrale dei Quartieri dell’Arte e con l’Est Film Festival, di cui è stato presidente di giuria. Come manager di marketing e comunicazione ha lavorato per STS Academy, agenzia di formazione di security e intelligence. Il suo racconto "Sala da ballo" è stato incluso nell’antologia del primo concorso letterario nazionale "Tracce per la Meta". Successivamente è stato premiato con il secondo posto al Premio Internazionale di poesia “Oggi Futuro” indetto dall’Accademia dei Micenei. È stato moderatore di conferenze di geopolitica dove sono intervenuti giornalisti di rilievo nazionale. L'animal fantasy "Due fratelli" è il suo primo romanzo, pubblicato con la casa editrice Lulu.com, a cui segue il romanzo di formazione "Come quando ero soldato". Collabora con il web magazine "L'Undici". Parla correttamente l'inglese, possiede elementi di francese e tedesco.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.