Per “Rivoluzioni Colorate” si intende una serie di rivolte apparentemente spontanee che hanno alcune caratteristiche simili.
Tra il 2010 e il 2011 una serie di sollevazioni popolari contro i governi vigenti in Nord Africa, Vicino e Medio Oriente
vennero chiamati Primavera Araba: scoppiarono in modo apparentemente improvviso quasi in
contemporanea in molti Paesi e dichiaravano di battersi per la democrazia contro i regimi oppressori.
Un fenomeno simile avvenne in alcuni Paesi dell’ex Unione Sovietica, come Ucraina e Bielorussia, e in Sud
America, con il caso del Venezuela. Queste sommosse popolari sono state descritte come
rivolte spontanee nate per deporre dittatori dispotici e governi iniqui in nome di libertà e giustizia.
Come stanno veramente le cose?
Che cosa sono le Rivoluzioni Colorate
Rivolte animati da sani principi di autodeterminazione dei popoli, in alcuni casi, come in molti Paesi
coinvolti nella Primavera Araba, organizzati dal basso addirittura sui social network come facebook:
persone di tutte le estrazioni, ma soprattutto giovani, che lottano per vivere in una società migliore e che
riescono nel loro intento di far cadere i governi oppressori. Questa è la versione che diedero i mass
media, salvo poi notare un drammatico peggioramento della situazione generale in molti di questi Paesi.
Dietro queste sommosse apparentemente spontanee c’è una realtà completamente diversa da quella
raccontata in televisione e sui giornali nella narrazione mainstream.

Si tratta di fenomeni ricorrenti che si realizzano dinamiche simili e hanno degli obbiettivi ben diversi da
quelli dichiarati. Tutto viene preparato in largo anticipo e deciso nei minimi dettagli.
Il meccanismo dietro la facciata
A svelare il funzionamento di questa minuziosa macchina organizzativa, di cui i non addetti ai lavori neanche
sospettano l’esistenza, è il giornalista, scrittore, docente, e regista Franco Fracassi, esperto di geopolitica,
vincitore nel 2013 del Premio Eurasia con il film documentario “La Fabbrica delle Rivoluzioni”.

L’ONG (Organizzazione Non Governativa) CANVAS (Center for Applied Nonviolent Action and Strategy), con sede a
Belgrado in Serbia, ha un ruolo di primo piano nell’organizzare direttamente queste rivoluzioni pilotate eseguendo le
direttive che arrivano dal Governo statunitense di Washington, secondo un meccanismo progettato
sotto la Presidenza alla Casa Bianca di Ronald Reagan:
“Siamo stufi di essere chiamati i cattivi del mondo: da adesso in poi saremo i buoni, gli esportatori di democrazia”,
questo fu il pensiero del presidente statunitense circa i motivi dell’avvio di questa iniziativa su larga scala.
Altri enti coinvolti sono i QUANGO (Quasi Autonomous Non Governamental Organisation), finanziati dal
Congresso, l’organo legislativo del Governo degli Stati Uniti d’America, il quale poi distribuisce i fondi
alle ONG territoriali locali incaricate di innescare le rivoluzioni. A stabilire gli obiettivi da raggiungere
sono il Dipartimento di Stato e il National Endorsement For Democracy: quest’ultimo è composto in egual misura da esponenti
democratici e repubblicani, a ennesima dimostrazione di quanto siano risibili e permeabili le divisioni tra
i due grandi partiti degli Stati Uniti d’America.
Per fomentare le rivolte solitamente vengono selezionati studenti universitari: non ancora inseriti nella
“macchina produttiva”, vogliosi di ribellione, dotati di un livello culturale superiore alla media e… bisognosi di soldi!
Un’altra società coinvolta è Nexta, ubicata in Polonia, avamposto atlantico verso l’Est Europa, area
geografica di cui questo ente si occupa: fu proprio Nexta a produrre i messaggi pubblicati sui social
network tra cui twitter, gli slogan e discorsi pronunciati nelle manifestazioni durante la rivoluzione in
Bielorussia contro il Primo Ministro Aljaksandr Lukashenko. Nexta riceve finanziamenti dall’agenzia
USAID (United States Agency for International Developement), costola della CIA (Central Intelligence
Agency), la celebre agenzia di spionaggio civile del governo federale a stelle e strisce.

La rivoluzione bielorussa dimostrò che i cambi di regime sono funzionali a un cambio di sistema di potere economico: c’è il libero mercato da diffondere.
Cambiare la società con il Soft Power
Questi cambiamenti repentini portano con sé ripercussioni considerevoli sulla vita delle persone, persino
per quanto riguarda la loro salute: uno studio del 1998 del British Medical Journal evidenziò che tra il
1990 e il 1994, in concomitanza con il crollo dell’URSS, in Russia aumentò il tasso di criminalità e si
abbassò la speranza di vita dei Russi. Secondo lo studio l’abbassarsi dell’età media della popolazione
non fu dovuto soltanto a un impoverimento diffuso ma anche all’impatto della transizione da un vecchio
a un nuovo modello socio-economico, collegato dal venir meno di un adeguato livello di coesione
sociale. E l’impatto culturale non è meno importante di quello socio-economico per gli “esportatori di
democrazia”: trasmettere la propria cultura corrobora un senso di riconoscimento nella potenza esterna
egemone, oltre a creare nuove fette di mercato per le multinazionali grazie alla creazione di nuovi
potenziali consumatori. Si tratta del cosiddetto Soft Power americano, imposto nei Paesi occupati con il
Piano Marshall subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Oltre che piazzare uomini di fiducia in governi
fantoccio eterodiretti o comunque fortemente influenzati, si punta quindi a un obbiettivo non meno
importante: cambiare il volto della società, è accaduto con le Rivoluzioni Colorate quello che accadde,
seppur non sempre con la stessa soverchiante forza, nei Paesi occupati dopo il secondo conflitto
mondiale. Si punta a creare un vero e proprio mutamento antropologico.
L’esponente della street art Bansky in un suo celebre murale rappresentò il Soft Power con un
fotomontaggio, nel suo stile provocatorio e iconoclasta, di grande impatto emotivo: Topolino e la
mascotte del Mac Donald’s tengono per mano la bambina che fugge da un centro distrutto dagli
attacchi dell’esercito americano con il napalm, immortalata in un iconico scatto-denuncia delle atrocità
della Guerra in Vietnam.

Ecco che arriva lo star system del cinema e della musica con i modelli comportamentali e i
valori che da esso derivano, innestando quindi una vera e propria mitologia importata, ma anche le
abitudini, le usanze e i prestiti linguistici dall’inglese, anche quando sono non necessari:
tutto è funzionale a creare eserciti di potenziali consumatori di marchi simbolo della globalizzazione atlantica
come Coca Cola, Disney, Mc Donald’s e Amazon.
Nell’iconico film di Stanley Kubrick “Full Metal Jacket” i soldati americani avanzano armati in un paesaggio in fiamme cantando simbolicamente la Marcia di Topolino.
Come vengono creati i leader della rivoluzione
Le Rivoluzioni Colorate non hanno infatti una portata
propagandistica che si limita solo ai Paesi in cui avvengono, ma costituiscono un grimaldello di portata
internazionale, come in alcuni casi indicano i messaggi dei cartelloni mostrati nelle manifestazioni a volte
in inglese, come a parlare a una platea mondiale, invece che nella lingua locale. Gli stessi leader imposti
sono “creati in vitro”: personaggi individuati nelle università, formati all’estero e poi imposti, come nel
caso di Juan Guaidó in Venezuela che la CIA impose come leader all’opposizione del Presidente Nicolàs
Maduro: da sconosciuto in patria a aspirante Presidente, secondo un tipico percorso da prescelto.
Anche se Guardò mantiene la sua posizione di antagonista, il piano per la deposizione di Maduro però non è andato a buon
fine: non sempre le cose vanno come preventivato in agenda.

Fenomeni simili, con lo stesso modus operandi, anche se di minore entità, hanno continuato a verificarsi
anche in Occidente.
Il ruolo del Neoliberismo
Queste rivoluzioni orchestrate a tavolino hanno una facciata democratica e libertaria
che funge da Cavallo di Troia per la diffusione del Neoliberismo, un sistema economico basato sulla
libera concorrenza senza alcun tipo di limitazioni che ha portato i principali attori economico-finanziari,
che stanno dietro la potenza egemone degli Stati Uniti, ad agire indisturbati soverchiando le autorità dei
singoli Paesi. La prima cosa che ha fatto il Neoliberismo quando ha preso il sopravvento è stata
impossessarsi del controllo delle università, punto di riferimento culturale per eccellenza e luogo di
formazione delle nuove generazioni, selezionando professori dalle idee neoliberiste che le trasmettono
ai propri studenti, diffondendole e ammantandole di autorevolezza. Dopo le università vengono i mass
media, punto di riferimento per l’opinione pubblica. I mezzi di comunicazione di massa costituiscono
quindi un altro strumento importante che ha permesso al Neoliberismo di prosperare nel mondo quasi
incontrastato, a un livello mai visto nella Storia, permettendo ai suoi principi e alle sue direttive di
assurgere al ruolo di “pensiero unico”.
Il modo migliore per imporre qualcosa non è usare la forza ma trasformare la società al punto che siano gli stessi suoi membri a chiederlo.
Considerazioni finali
Ovviamente non sono le rivoluzioni di per sé ad essere sbagliate, anzi, spesso sono legittime e doverose.
Tuttavia esse devono essere reale espressione dei popoli e dei loro bisogni
e non risultare delle messe in scena che fanno leva sui buoni sentimenti, mettendo spesso in bella mostra giovani, donne, bambini e in
Occidente anche minoranze, ma che nascondono tutt’altri fini, orchestrate dai soliti pochi che reggono le
fila del gioco, proprio come accade per le Rivoluzioni Colorate. Bisogna smascherare questo sistema del
consenso ma a farlo non deve essere qualcuno direttamente coinvolto nella lotta politica contro
esponenti che sono prodotti di questo meccanismo, perché risulterebbe poco credibile in quanto non
imparziale. Un sistema così solido e raffinato risulta difficile da contrastare, un buon modo sarebbe
contrapporre un’organizzazione altrettanto strutturata. Ma, anche stavolta, occhio agli infiltrati.

Riferimenti