Dumping del dollaro e riflessioni controverse

Dumping del dollaro e riflessioni controverse

Non si può evitare di considerare quello che soggetti come Klaus Schwab, Bill Gates, chiamano “Reset Globale” come un fenomeno multi-dimensionale, pertanto non solo economico, ma ovviamente anche tecnologico, sociale e dall’inevitabile riflesso geopolitico; nonché un punto “nell’orizzonte degli eventi” che perviene al riferimento da forze contrastanti. Nel quadro di questa costellazione di eventi alimentata dai grandi protagonisti internazionali vi sono anche quei processi che spingono il dollaro verso una erosione che sta assumendo una rilevanza maggiore da questa estate – o prima ancora – ad oggi e tale fenomeno suscita riflessioni ambigue poiché parlare del dollaro significa simultaneamente parlare ovviamente anche di globalizzazione. Per intenderci; è piuttosto difficile pensare ad una irriversibilità del mito globalista osservando “il comportamento” del dollaro.

Naturalmente, una trattazione equa di questo processo imporrebbe di considerare tutti i fenomeni diretti e indiretti che – soprattutto nelle aree finanziarie, economiche e geopolitiche – stanno agendo a scapito dell’egemonia diffusa del dollaro. La riflessione sarà pertanto inevitabilmente limitata e sbrigativa.

Si potrebbe anche partire da alcune dichiarazioni come quella di Mark Carney, che, come riportava il Sole 24 ore in Estate, al simposio FED di Jackson Hole (Wisconsin) proponeva una valuta digitale globale simile a Libra o Renmindbi per sostituire il dollaro durante l’ascesa progressiva dello stesso Renminbi, esorcizzando così gli effetti destabilizzanti creati dall’egemonia della valuta USA. Carney quindi, in soldoni, sospinge l’ipotesi di una valuta digitale globale che accompagni, ma che sia anche protagonista attiva, dell’erosione del dollaro. ed in effetti, il concetto di “valuta” globale e criptovaluta è qualcosa che effettivamente è in circolo dalla fine degli anni ’80, sia nei romanzi di Fantascienza sia in qualche rivista settoriale, e per “qualche” si intende The Economist, ma di questo ne accennavamo già nel lontano 2016.

Alcuni analisti economici americani fanno notare che Il contrasto erosivo dell’area del dollaro era già degno di considerazione dagli inizi del 2018 quando, in visita a Dmitrj Medvedev, Sergej Prokhodko comunicava – come riportato da Russia Today – un incremento che ormai superava il 70% del dumping del dollaro nelle transazioni della specifica area dell’Unione Economica Euroasiatica. Lo stesso funzionario del Cremlino aggiungeva che tale percentuale era destinata a crescere inesorabilmente con una stabilità macroeconomica e la creazione di un mercato comune armonizzato con l’apparato legislativo. In sostanza, si tratta solo di sistemare da un punto di vista regolamentare il mercato comune.

Gran parte degli accordi con le valute locali nell’inerenza EEU (Unione Economica Eurasiatica) è rappresentato dal commercio con la Russia e l’espressione effettiva è in Rubli. Tale ambito contiene Russia, Bielorussia, Armenia, Kazakistan e Kirghizistan, ma è notorio che Siria, Iran, Turchia, Turkmenistan, Mongolia e Uzbekistan stiano – chi più chi meno – considerando o addirittura pianificando l’adesione all’unione, in paricolar modo l’Uzbekistan che – avendo approvato in parlamento nell’aprile 2020 l ‘ingresso come osservatore – potrebbe aver iniziato l’iter introduttivo all’adesione effettiva. L’ingresso dell’Uzbekistan è tuttavia rallentato e passato in secondo piano a causa della polemica scoppiata tra Kazakistan e Kirghizistan su affari doganali poco trasparenti, precedenti ai disordini recenti che hanno coinvolto Biskek nelle proteste contro il governo. Come riportava anche il sito ufficiale dello stato bielorusso, Lukashenko aveva già lanciato l’idea di presiedere la prima riunione, e come dichiarò ai media Mikhail Myasnikovich ¹ in occasione dell’incontro con il gerontocrate bielorusso, in entrambe le riunioni tenutesi a Minsk (compresa quella del 19 Maggio) si è discusso di politiche industriali, agricole e finanziarie.

L’incremento del dumping del dollaro sarebbe quindi dilagante se aggiungessimo la considerazione inevitabile che anche il gruppo “BRICS” è desideroso di intraprendere i medesimi slanci per spingere fuori il Dollaro e condurre la risalita delle valute locali. Necessario aggiungere che Cina, Russia, Iran, Iraq e Venezuela pianificano già da tempo di estromettere il dollaro dal loro commercio petrolifero e si ha naturalmente l’impressione che sarà la Cina a porsi in un ruolo chiave, impostando con lo Yuan una regolazione simile al Petrol-Dollaro. Siamo probabilmente tenuti a constatare che l’ascesa delle criptovalute e gli esiti del dumping del dollaro saranno due elementi di protagonismo assoluto nella transizione verso il “Global Reset”, ma è un gioco ambiguo, talvolta imperscrutabile che si presta a letture contrastanti.

Conclusioni

Le conclusioni che scaturiscono da questi fatti potrebbero essere due, se non addirittura tre, e talvolta anche ambigue come in parte anticipato. Cerchiamo tuttavia di spiegarci bene:

A partire da Jackson Hole e dal simposio FED, siamo indotti a vedere la cosa anche – ma solo parzialmente – in chiave anti-trump, poichè il complesso finanziario-bellico lavora sempre attraverso la disarmonia tra Pentagono e Casabianca, soprattutto ovviamente con una ammistrazione “sovranista” con introvertiti desideri isolazionisti (non) confessati come quella di Trump. Per cercare una prova di questa affermazione, basta semplicemente controllare gli appaltatori di alto profilo che impongono i loro interessi al Pentagono e troveremo soggetti come Lockheed & Martin, Raytheon Techonologies, General Dynamics, Boeing e alcuni altri, tutti controllati economicamente da Blackrock, Vanguard, Fondo Wellinghton; per farla breve: Fondi speculativi, banche d’affari e fondazioni bancarie che compartecipano nelle aziende che sviluppano tecnologia militare, componendo quel noto concetto di “complesso militare-industriale” e riducendo pertanto gli Stati Uniti e addirittura anche la NATO ad essere dei servili esecutori muscolari dei loro messaggi “evangelici incontestabili”, dai quali non sono certo escluse le varie emergenze, guerre “per esportare democrazia” o le rivoluzioni colorate, ma ognuna di queste cose riguardano gli interessi estesi dei soggetti in questione; nell’economia, ma anche investimenti bellici, farmacologia, vaccini, tecnologia e perfino ambiti come l’ecologia, come dimostra il fenomeno paradigmatico del “green” che è compenetrato a quello del cambiamento climatico. Sicchè, per quanto sia incontestabile che Trump rappresenti un nemico giurato e protettore dell’interesse nazionale (e dell’economia reale) contro i parassitari appaltatori (e dell’alta finanza) ricondurre questo fenomeno solo nell’ambito “Patriots vs Deep State” appare a ben vedere una visione piuttosto romanzesca, hollywoodiana e limitata. Il crollo dell’attuale ordinamento mondiale basato sulla valuta fiat a debito sta senza dubbio mettendo a rischio tutte le “verità indiscutibili” della globalizzazione espresse nella conferenza di Rio De Janeiro, che di fatto preconizza tutta la linea emergenziale-green degli esegeti del globalismo. Il discorso si potrebbe espandere facendo presente che la Conferenza di Seattle del 1999, così come la Conferenza di Cancun del 2010 non hanno portato a niente di concreto, al contrario, viste con l’ottica odierna, non fanno che rendere palese la vulnerabilità della globalizzazione se fosse colpita sui suoi punti deboli come costi e tempi di trasporto e le catene di approvigionamento; il continuo ricorso all’outsourcing; la bulimia di mano d’opera a basso costo. Non tutti gli stati – contrariamente a quelli della UE – accetteranno sempre di suicidarsi per fare contenti gli appaltatori di alto profilo americani.

Che sia chiaro: nessuno vuole sottovalutare il potere e la determinazione rapace dell’alta finanza e degli appaltatori del pentagono, siamo consapevoli dei loro mezzi spropositati e della loro capacità di ri-orientare idee, malumori e sollevazioni, perfino quelle in apparenza a loro contrarie, come consiste quel fenomeno che nei termini orwelliani oggi di moda è chiamato Gatekeeping. Tuttavia è difficile non considerare il discorso di Carney a Jackson Hole – che promuove una criptovaluta globale a scapito del dollaro – come l’ennesimo “zeitgeist” spacciato per “verità incontestabile”, che segue il solito registro strategico occidentale ovvero quello di creare una “Pseudo-Verità che non si può contraddire” per avvantaggiare la sua posizione sul dibattito e far iniziare la partita vincendo 1-0. Ma dietro questo si nasconde paura e la solita sottovalutazione soprattutto verso la Russia. Il Dumping sta avvenendo inesorabilmente a prescindere dal volere di Schwab, Gates e Carney e chi lo sta portando in atto è anzitutto la Russia. E’ la Russia ad erodere il dollaro nell’area EEU stabilizzando il commercio in Rubli. E’ la stessa Russia – come riportato dal prezioso articolo di Megachip – a creare una criptovaluta fissando l’oro come controvalore, chiaro segno che qualcuno sta pensando a ripristinare il Gold Standard. E’ la Russia che sta incoraggiando i paesi come Siria e Iraq, così come quelli del gruppo “BRICS” ad estromettere il dollaro dal loro commercio e dal canto suo, la Cina, con il precedente di Kish ha creato una sua personale Bretton Woods e questo porterà Israele, Arabia Saudita e le altre petrol-monarchie ad un bivio, poichè giunti a quel punto non potranno più rimanere nell’ombra. La stessa fastidiosa, irriguardosa, insopportabile e sgradevole autoreferenzialità occidentale la si vede in ambito militare, dove viene creato l’ennesimo e incontabile “zeitgeist” spacciato per “verità biblica”, quello della guerra con le intelligenze artificiali che gli appaltatori del pentagono impongono alla Casa Bianca, ottenendo il risultato che Russia e Cina stravincono sulla tecnologia dei missili ipersonici, ad esempio, ma non solo quella. Putin continua ad essere dipinto come un vecchio orso all’antica, nostalgico dell’unione sovietica, e i “competenti” analisti occidentali  – ignorando ciò che è successo in Georgia e Crimea – parlano ancora di Maskirovka e di bluff, forse cambieranno idea quando si arriverà al dunque in Donbass, ma di questo ne abbiamo già parlato (clicca qui), nell’articolo su Dino Buzzati e la distorsione psicologica dell’inganno militare, non dilunghiamoci.

Conclusioni delle Conclusioni (Ehm… scusate)

L’ atteggiamento dell’alta finanza occidentale è avventuristico, pericoloso e puzza di disperazione. Molti sono propensi a considerare tutto come un qualcosa di simile a “Non si muove foglia che il competente non voglia” ma l’impressione è che stanno crescendo troppe erbe, radici e piante (altro che foglie) per il numero di “competenti” in occidente in grado di capire la situazione. Sottovalutarle per scelta, per nascondere il terrore, non aiuterà di certo. Vista in quest’ottica anche la retorica del New World Order molto usata negli Alt-Media appare piuttosto trascurabile, e si “rivalutano” sicchè le parole profetiche che Giulietto Chiesa pronunciò in una conferenza di Antimafia 2000.

Io non vedo nessun Nuovo Ordine Mondiale, ma un grande disordine dell’impero

Caro Giulietto! scemi noi a non darti retta. Più che un New World Order questo sembra un tentativo di mantenere il vecchio ordine marcio contro i nuovi ordini che stanno sorgendo, contando che il digital dollar è una proposta che viene proprio dall’Area Dem. Per concludere:

La Criptovaluta Globale auspicata da Carney altro non è che un attacco contro i numerosi nemici: Russia (La più temuta, l’orso che si vuole annientare), Cina e Bitcoin (La Tigri che si vorrebbero addomesticare) Trump: che è nella posizione più vulnerabile, ma potrebbe rivelarsi anch’esso un bull-dog duro, il suo consenso (nascosto ma esistente) tra neri e latinos socialisti, di molti ebrei legati all’economia reale, e di tutti gli imprenditori di origine scozzese e irlandese, potrebbe rendere complesso un broglio elettorale.

Note e Riferimenti

¹ Primo ministro bielorusso

Il Sole 24 Ore – 25 Agosto 2019

Il Manifesto – 26 Ottobre 2021

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Pat Antonini

Ha studiato letterature e lingue straniere moderne, collabora stabilmente con Hyperborea, Centro Studi Eurasia Mediterraneo, Dragonsword e Punto di Fuga

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